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1 agosto 2020

MATTEO MACCHIONI: il tenore italiano di fama internazionale il 5 settembre si esibirà per il suo “10TH ANNIVERSARY” a Sassuolo (MO).

 

Il tenore italiano di fama internazionale

 

 

MATTEO MACCHIONI

 

IL 5 SETTEMBRE LIVE A SASSUOLO (MO)

PER IL SUO "10TH ANNIVERSARY"

 

un evento tra musica popolare e la tradizione dell'opera

 

 

Sabato 5 settembre, nel suggestivo Piazzale della Rosa di Sassuolo (Modena) con il Palazzo Ducale Estense a far da cornice, Matteo Macchioni, tenore italiano di fama internazionale, festeggerà i primi 10 anni di carriera, nella sua città natale (inizio concerto ore 21.00 – ingresso gratuito fino ad esaurimento posti). Durante il concerto il tenore porterà in scena celebri brani di repertorio lirico d'elezione e alcune interpretazioni legate al mondo della canzone italiana ed internazionale.

 

Dopo il periodo di lockdown, il tenore Matteo Macchioni, ha voluto dedicare un evento straordinario alla sua città, per testimoniare una rinascita culturale e un nuovo inizio, dopo le inibizioni e i sacrifici dovuti alla pandemia.

 

«Sono molto felice che la ripresa ufficiale della mia attività live sia proprio attraverso un evento a Sassuolo, la città in cui vivo – racconta il tenore Matteo Macchioni - Condividere musica di nuovo con la gente sarà qualcosa di veramente molto bello ed emozionante, dopo questo lungo stop forzato. Spero che il concerto sia un punto di partenza e un simbolo di rinascita culturale. Rialzarsi e proporre nuovamente musica per il pubblico è molto importante».

 

È possibile prenotare il biglietto inviando una mail a info@gpeventi.it o chiamando il numero di telefono 339/3307087.

 

Per maggiori informazioni sull'evento consultare la sezione calendario del sito: www.matteomacchioni.com

 

Nel rispetto delle norme vigenti, dovute all'emergenza sanitaria, saranno predisposti 700 posti a sedere nel Piazzale della Rosa di Sassuolo. Il concerto è organizzato da Gipi Eventi Srl e patrocinato dagli assessorati alla cultura, commercio, attività produttive e centro storico del Comune di Sassuolo.

 

Matteo Macchioni nasce a Sassuolo e inizia fin da bambino a studiare musica. Nel 2007 consegue, con il massimo dei voti, il diploma accademico di secondo livello in pianoforte, coltivando parallelamente lo studio e la passione per il canto lirico. Dopo l'esperienza ad "Amici di Maria De Filippi" nel 2009, comincia la sua carriera sui palchi di tutto il mondo: canta nel Barbiere di Siviglia al Teatro del Bicentenario di León (Messico), nella Cenerentola all'Opera di Lipsia, nel Barbiere di Siviglia alla Royal Danish Opera House di Copenhagen, nella Cenerentola alla Welsh National Opera di Cardiff (Gran Bretagna), nel Guillaume Tell al Tiroler Festspiele di Erl e nel Mosè in Egitto al Bregenzer Festspiele. A dicembre 2019 si esibisce in concerto alla Grand Concert Hall del Conservatorio statale di musica "P. I. Čajkovskij" di Mosca e a Copenaghen per il The Royal Danish Orchestra's New Year's Concert.

 

 

5 maggio 2020

il tenore MATTEO MACCHIONI scrive una lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro Dario Franceschini in difesa dei lavoratori del mondo del teatro!

 ANNO XXX N.82 DEL 5 MAGGIO 2020

IL TENORE MATTEO MACCHIONI SCRIVE UNA LETTERA IN DIFESA DEI LAVORATORI DEL MONDO DEL TEATRO ITALIANO!

Il tenore MATTEO MACCHIONI, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica internazionale,  lancia un appello sui suoi canali social, condividendo il testo della sua lettera "Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro Dario Franceschini".

Matteo Macchioni con questa lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro Dario Franceschini, si unisce ai messaggi lanciati nelle ultime settimane da tanti suoi colleghi artisti e dagli operatori del mondo del teatro e dello spettacolo in Italia per avere risposte dal governo al fine di tutelare il settore della cultura e della musica.

«Gentile Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Gentile Ministro Dario Franceschini, mi presento, il mio nome è Matteo Macchioni e sono un cantante d'opera italiano. Unisco le mie parole a quelle di tanti altri colleghi artisti per prospettarvi la grave situazione in cui versa un settore fondamentale e strategico come quello dei teatri italiani, dove si diffondono e producono musica, opera lirica, danza, prosa ed ogni altro tipo di manifestazione culturale. Pur lodando le iniziative messe in campo in queste settimane per ampliare l'offerta dello streaming e considerando tale risorsa digitale un valore aggiunto e perfettibile per il futuro, si ritiene quanto mai necessaria una riflessione sulla necessità di una ripresa della produzione culturale dal vivo. I lavoratori dello spettacolo, in particolar modo i liberi professionisti con partita iva, ma in generale tutti coloro che ricoprono una mansione attinente al mondo della produzione culturale,  soffrono  in questi mesi. Urgono risposte mirate ed idee. In generale si rileva quantomeno possibile far rispettare le distanze di sicurezza limitando la capienza di persone nelle sale di teatri ed auditorium. Questa è una misura concreta, fattibile e già sperimentata in Europa. Faccio l'esempio, vissuto personalmente in  Danimarca, dove tale concetto è stato contemplato in una prima fase dell'emergenza al Royal Danish Theatre. In alcune rappresentazioni il pubblico presente in Teatro era sotto ad un determinato numero, ritenuto sufficiente a garantire standard di protezione adeguati. In aggiunta si potrebbero rendere obbligatorie mascherine e guanti per ciascun membro del pubblico, magari fornendo direttamente un kit personale sterile monouso all'ingresso. Sul fronte dei lavoratori, si potrebbero prevedere test sierologici e screening per tutti coloro che lavorano in Teatro. Una sorta di health care anti-Covid per il personale stabile e per gli artisti freelance che, di volta in volta, vengono ospitati. Già queste idee consentirebbero, una volta messe a punto, di poter riprendere a produrre nell'ottica temporale del prossimo autunno. Lasciare al proprio destino i lavoratori dello spettacolo sarebbe un peccato mortale e inciderebbe negativamente sulle future generazioni. Altro argomento che si pone all'attenzione dei nostri vertici istituzionali è la condizione arretrata vetusta e priva di welfare relativamente alle tipologie di contratti di scrittura artistica. Nel "nuovo" corso post-Covid, tali contratti potrebbero prevedere un compenso non più solo focalizzato sulla remunerazione della performance, ma suddiviso in un'equa remunerazione del periodo di prove, naturalmente un compenso per le prestazioni artistiche ed un giusto rimborso spese per il viaggio e per l'alloggio. L'applicazione di  un minimo di stato sociale anche per i liberi professionisti dello spettacolo è importante, come lo è prevedere delle forme di tutela che, in casi di forza maggiore come ora, contemplino strumenti di sostegno al reddito certi e non affidati a decreti estemporanei. Sarebbe opportuno inoltre rivedere il sistema di previdenza sociale. L'ex Enpals è stato smantellato per essere accorpato all'Inps. Probabilmente tale operazione è stata un errore e si dovrebbe riflettere molto anche su questo. In conclusione e senza tanti giri di parole, è tempo di agire concretamente. Se lo sport può ripartire a porte chiuse, anche il mondo del teatro, con le dovute cautele, può e deve ripartire. Gli artisti dello spettacolo non vogliono certo morire di Covid. Non ci si accusi di essere imprudenti! No, non siamo imprudenti, ma abbiamo paura di essere lasciati soli, nonostante i proclami e abbiamo paura di subire la beffa della decimazione per mancanza di lavoro e prospettiva. L'Italia non perderà i teatri, ma rischia di perdere coloro che li rendono vivi, gli artisti.  
Matteo Macchioni, Tenore.»


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10 aprile 2020

La Cavalleria Rusticana nei Sassi di Matera su Rai 5

anno XXX n. 66 del 10 aprile 2020

La Cavalleria Rusticana nei Sassi di Matera domani su Rai 5
La magia dell'opera lirica, ambientata nel teatro naturale della Capitale Europea della Cultura 2019, torna ed emozionare il grande pubblico.
oggi 10 aprile alle 21:15, Rai 5 trasmetterà la "Cavalleria Rusticana" di Pietro Mascagni diretta da Juraj Valčuha, andata in scena ad agosto scorso nel teatro naturale di Piazza San Pietro Caveoso a Matera per il programma ufficiale della Capitale Europea della Cultura 2019.
L'esecuzione della "Cavalleria Rusticana", insieme al suo Prologo nei Sassi, è stata infatti parte del progetto "Abitare l'Opera", coprodotto da Fondazione Matera Basilicata 2019 e Teatro di San Carlo di Napoli, per la regia di Giorgio Barberio Corsetti, finalizzato a portare l'opera lirica nei Sassi di Matera attraverso il coinvolgimento attivo della comunità, chiamata a prendere parte alla costruzione dello spettacolo.
Nel Prologo, intitolato "I sette peccati capitalisti", costituito da brevi quadri teatrali e danzanti ispirati ai sette peccati capitali, che ritraggono gli eccessi del neoliberismo contemporaneo, cittadini e performer professionisti, guidati da Giorgio Barberio Corsetti, hanno lavorato sul teatro canzone, trasformando i canti tradizionali di Matera e della Basilicata in partiture per coro e dando vita ad un corteo fra i Sassi guidato da due marionette giganti, il bene e il male.  Nella messa in scena dell'opera di Mascagni, i cittadini-spettatori sono invece diventati parte integrante dello spettacolo, attraverso una soluzione scenica che ha portato gli artisti fra di loro: l'Orchestra e il Coro del Teatro di San Carlo e il cast di alto livello con Veronica Simeoni (Santuzza), Roberto Aronica (Turiddu), George Gagnidze (Alfio), Agostina Smimmero (Mamma Lucia), Leyla Martinucci (Lola). Le scene sono state firmate da Massimo Troncanetti, i costumi da Francesco Esposito e Maestro del Coro Gea Garatti. Il tutto reso ancora più emozionante da proiezioni in grande scala sulla roccia della chiesa rupestre di Santa Maria di Idris.
Ad agosto 2019 lo spettacolo è stato trasmesso in diretta tv, oltre che da Rai 5, anche dalle emittenti Rsi in Svizzera e Artè in Svizzera, Francia, Germania, Belgio, Austria, Lichtenstein, Lussemburgo, Principato di Monaco e nei paesi francofoni d'oltremare.
Domani, al termine della trasmissione della "Cavalleria Rusticana" (ore 22:45) andrà in onda, sempre su Rai 5, lo speciale "Prima della prima", con un'intervista a Giorgio Barberio Corsetti sull'intero progetto "Abitare l'Opera".
***
"Durante la rappresentazione di "Cavalleria" gli eterni duellanti, raffigurati dalle enormi e affascinanti marionette dell'Angelo e del Demonio, hanno seguito dall'alto i momenti del dramma fungendo da perfetto raccordo col Prologo. Per una sera tutti si sono sentiti figli della stessa magica terra". Dinko Fabris, La Repubblica
"Fin dalle prime note si rivela uno straordinario accordo tra la vibrante interpretazione musicale e la linea registica. Il dramma della gelosia ispirato dall'omonima novella di Verga diventa una grande fantasmagoria a cielo aperto, capace di abbracciare l'alto e la piazza". Katia Ippaso, Il Messaggero
"Mai come in questa serata sentiamo l'opera sprigionata dal nostro tessuto linguistico e visivo. Mai come nella piazza di Matera diventa specchio riflesso della nostra storia. La breve ora di Cavalleria suona ancora più veloce, nel contesto abbarbicato, oasi fuori dal mondo. Ogni numero si staglia nel tufo delle pietre, quasi estemporaneo, scaturito da esse: la canzone in dialetto, la preghiera di Pasqua, il brindisi, l'organo, le campane, l'Intermezzo, tutto appare come frutto di questa cultura. Siamo noi." Carla Moreni, Il Sole 24 Ore – Domenica
"La parte 'moderna' y sorprendente era la ilustración en video sobre la roca, de un efecto singular, pero en la que desfilaron desde florecillas más bien 'kitsch' hasta los rostros de los artistas, cuyo primeros planos eran muy impresionantes y eficaces". Jorge Binaghi, Mundoclasico
"Poi ti capita di girare la testa verso il fondo della piazza e si accende l'ennesima magia. Di questa non ti eri ancora reso conto, irretito da Cavalleria. Lo sfondo del teatro sono i vicoli di Matera illuminati da piccoli lampioni di un altro secolo. Luci rosate, ombre, finestre, miracolo di scenografia. (…) Così attacca l'intermezzo, il mai più eguagliato pezzo di Mediterraneo in musica. Nessuno fiata, nessuno batte le ciglia, nessuno respira". Gianni Morelli, Touring Club Italiano

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24 settembre 2019

Opera, intervista di Giovanni Zambito a Leonardo Capalbo nel Don Carlos in scena fino al 9 ottobre ad Anversa e dal 16 al 30 ottobre a Gand



OPERA, LEONARDO CAPALBO È "DON CARLOS : COME LUI VORREI SEMPRE ESPRIMERE QUELLO CHE HO DENTRO


Una messa in scena atipica ha accompagnato il debutto di "Don Carlos" di Verdi tratto dal dramma di Schiller: ha aperto la nuova stagione e segna ufficialmente la nuova era del Teatro dell'Opera di Anversa sotto l'egida del nuovo soprintendente Jan Vandenhouwe. Il racconto prende inizio nel monastero di San Giusto dove Don Carlos - interpretato da Leonardo Capalbo -rievoca eventi e persone, a partire dall'incontro con Elisabeth, che il padre Filippo II gli ha sottratto per ragioni di Stato.
Il regista Johan Simons compie la scelta di lasciare il protagonista sempre sulla scena, anche quando non canta o non è direttamente coinvolto. Dietro si alternano la presenza del coro/della corte e pannelli - a volte astratti, a volte rappresentazioni di luoghi e paesaggi - che richiamano il flusso degli avvenimenti e dei ricordi. Fondamentale l'apporto della visual artist Hans Op de Beeck e la costumista Greta Goiris.
E poi, tanti oggetti sul palco che Don Carlos piazza e sposta continuamente, quasi a significare il vano tentativo di mettere a posto le sue cose, ad acquietare il proprio animo, perennemente in balia del tormento amoroso.
Bella, imponente, densa la musica dell'Orchestra diretta dal M° Alejo Pérez.
Abbiamo intervistato il tenore italo-americano Leonardo Capalbo.
Tre ore in modo continuato sulla scena, anche quando non canti. Secondo te, perché il regista ha fatto questa scelta?
Perché ha cercato il modo per essere veramente dentro il cervello di Don Carlos e di sognare, soffrire con lui, sentire quello che gli altri dicono di "me": per il pubblico è interessante vedere le mie reazioni per capire psicologicamente la vita e la storia del personaggio.
Sposti oggetti sulla scena e ti muovi tanto: Ti aiuta sulla scena avere dei riferimenti fisici da toccare e su cui appoggiarti?
A volte aiutano, perché posso pensare a volte che questi oggetti sono cose che sono state create da me stesso, che vengono o dall'ansia o da un momento di felicità, a volte risulta anche difficile perché devo fare un po' di tutto e muovermi sempre. Anche se sono seduto o sdraiato a terra o proprio fermo, sono sempre in scena quindi devo stare concentrare tutto il tempo.
Sei il protagonista in un'opera di Verdi, per la prima di una nuova stagione, la prima di nuovo corso dell'Opera di Anversa. Quante responsabilità...
Un sacco. Sicuramente prima di entrare in scena mi sento nervoso e in tensione, però quando sono in scena e canto ed entro in questo personaggio -che è così scritto divinamente dal M° Verdi- non posso dire che mi sento nervoso: mi sento come Don Carlos.
Che pensi di Don Carlos?
A dire la verità, lo trovo un uomo che sta cercando quello che deve fare con la sua vita e anche il significato della vita e non so se è veramente un uomo credente, ma alla fine si trova in una posizione più solida e con questa regia al mondo di oggi può apparire una cosa molto contemporanea, forte, interessante: forse mi sento di dire che Don Carlos è una persona poco disciplinata.
Nell'opera, oltre all'amore impossibile per la regina, è molto evidenziata l'amicizia con Rodrigo. Facile nel mondo dell'opera essere amici?
Non so se posso dirlo, ma niente è facile: l'amicizia è una bellissima cosa e io sto cercando sempre di frequentare le persone con cui posso veramente avere a che fare.
Sei di origine italiana...?
Io sono nato negli Stati Uniti, ma i miei genitori vengono dalla Calabria, da Acri, provincia di Cosenza.
Mantieni sempre il rapporto con le tue origini?
Sì, certo.
Ci vai sempre?
Non sempre. In Italia sì, spesso: in Calabria è un po' più difficile forse perché è difficile andarci.
Di Don Carlos hai detto che è un uomo alla ricerca: e Leonardo Capalbo? avete dei tratti in comune, a parte l'amore impossibile?
Tutti potremmo trovarci in questa situazione. Io amo e vorrei sempre esprimere quello che ho dentro di me e questa è una cosa che vedo sempre con Don Carlos: lui vuole sempre esprimere tutto di sé. Giovanni Zambito.



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9 luglio 2019

intervista di GIOVANNI ZAMBITO al soprano Amarilli Nizza, è "TURANDOT" UN RUOLO CHE FA TREMARE I POLSI


65° FESTIVAL PUCCINI, AMARILLI NIZZA È "TURANDOT" UN RUOLO CHE FA TREMARE I POLSI. L'INTERVISTA
"Amarilli Nizza, intensa voce sopranile che sa scovare sempre la giusta ed intrinseca drammaticità vocale dei suoi ruoli": è il giudizio di un critico in evidenza sulla home page del sito del soprano. Il 13 luglio grande appuntamento al 65° Festival Puccini di Torre del Lago con "Turandot" con la direzione musicale del M° Marcello Mottadelli e la regia di Giandomenico Vaccari. Dopo altre donne pucciniane, questa è la prima volta per Amarilli Nizza nei panni della principessa che la stessa soprano definisce un personaggio davvero particolare perché "crudele, freddo, sanguinario". Ci confessa le sue emozioni a pochi giorni dal debutto (13 luglio) e il suo privilegiato rapporto con il compositore toscano. L'intervista.
Puccini sembra rappresentare un punto fermo nella sua carriera: negli anni come è "cresciuto/cambiato" il suo rapporto con il compositore attraverso i differenti personaggi che ha interpretato?
Puccini è stato l'autore che ha segnato gli inizi della mia carriera. La Butterfly il mio esordio assoluto sulle scene a cui poi sono seguite La Bohème e Suor Angelica. Nel giro di pochi anni, grazie al consenso del pubblico, della critica e degli addetti ai lavori mi sentivo sempre più identificata con le opere pucciniane sebbene anche Giuseppe Verdi riscuotesse grandi consensi, arrivati però qualche anno dopo perché Verdi era uno di quei compositori che incuteva in me grande timore reverenziale e cercavo all'inizio di evitarlo..
Quando ho deciso di essere coraggiosa e mi sono tuffata nella produzione verdiana, che ho tanto amato, sentivo spesso la mancanza di Puccini. Mi mancava il Suo linguaggio musicale, la sua empatia con i personaggi scritti, mi mancava il pathos e la immedesimazione che solo con Puccini riesco ad avere. All'inizio amavo Puccini in maniera istintiva. Con il passare degli anni ho preso consapevolezza di quanto unico sia questo autore e di quanta verità riesca a trasmettere in tutto ciò che scrive. La mia personalità ha bisogno di cercare verità e di esprimerla sul palco. Puccini mi consente di farlo sempre.
Mi corregga se mi sbaglio: questa al Festival Pucciniano sarà la sua prima "Turandot" nel ruolo di Turandot, un personaggio nell'immaginario collettivo anche di chi non è melomane. Vestirne i panni, cantarne la storia rappresenta per Lei una responsabilità particolare? 
Turandot è uno di quei ruoli che fanno tremare i polsi. Innanzitutto la tessitura vocale è estrema, impervia, tagliente. Poi il personaggio è crudele, freddo, sanguinario. Caratteristiche che non riscuotono certo i favori del pubblico che immancabilmente fa il tifo per Liù, dolce, buona, coraggiosa.
Turandot è arroccata nel potere, nella sua arroganza data da una condizione di privilegio, ricchezza e nobiltà, è prepotente, vile, ingiusta. Insomma non è semplice trasferire tutto questo al pubblico e se lo si trasferisce si diventa odiosa per chi ascolta. Ho portato in scena numerose volte sia Lady Macbeth che Abigaille, due personaggi negativi ma che hanno coerenza drammaturgica. Nel caso di Turandot la coerenza manca e il suo improvviso amore per calaf non è ben comprensibile da quali ragioni sia mosso.
Con il regista Giandomenico Vaccari su che cosa state specialmente lavorando? Che "Turandot" sarà la vostra?
Con il regista Vaccari abbiamo lavorato molto proprio sulla motivazione che spinge Turandot nel finale di Alfano nelle braccia di Calaf e la abbiamo messa bene in evidenza del primo atto dove lei non canta ma appare in scena e sarà in qualche modo folgorata da Calaf.
Abbiamo anche molto sottolineato certe sfumature di debolezza che appartengono alla principessa,  dei piccoli cedimenti, delle piccole ombre che la pervadono nell'incontro con Liù (ad esempio ), così come degli scambi di intesa con Ping, suo fidato, e con l'angelo della morte (un personaggio creato ad hoc proprio da Vaccari).
C'è un'aria, un'opera che potrebbe sintetizzare l'importanza che l'opera ha nella sua vita?
L'aria che più mi rappresenta è "Vissi d'Arte". Più per il testo che per altro. Ho dedicato tutta la mia esistenza all'arte del canto lirico e della famiglia (un marito e due meravigliosi figli). Talvolta mi chiedo, di fronte a ingiustizie subite, perché io le stia subendo dal momento che non ho mai fatto male ad anima viva ... ovviamente le subiamo tutti nella nostra esistenza ma credo che l'aria di Tosca ben sintetizzi tanti pensieri che possono affliggerci.
Ogni volta che entra in scena, per una prima ma non solo, fa qualche atto scaramantico, una preghiera o semplicemente una raccomandazione a se stessa?
Sì, qualche piccola preghiera parte dal cuore ogni volta. Ho tanti cari non più su questa terra che mi proteggono da lassù, di questo sono convinta.
Andando a ritroso, come vede la Amarilli Nizza degli esordi? c'è qualche elemento o tappa che cambierebbe nel suo percorso?
Non vivo di rimpianti e difficilmente mi guardo indietro. Anzi, se mi volto dico: accidenti! Ma ho davvero fatto tutte queste cose?
Al di là delle vicende, ritrova qualcosa di sé nelle donne pucciniane che ha impersonato?
Trovo tutto di me nelle donne di Puccini ed è per questo che le amo perdutamente. In me c'è un po' di ognuna e non è difficile lasciarsi trasportare da loro sul palco perché sono così vere, così umane, così forti, così fragili così credibili. In una parola : così DONNE
Giovanni Zambito.


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2 luglio 2019

Opera, intervista di Giovanni Zambito a Renzo Giacchieri:IL PUBBLICO APPREZZA L'OPERA SE REALIZZATA CON VERITÀ.


65° Festival Puccini, RENZO GIACCHIERI: IL PUBBLICO APPREZZA L'OPERA SE REALIZZATA CON VERITÀ. 
Renzo Giacchieri nel corso degli anni ha ricoperto importanti ruoli di gestione e organizzazione dei Teatri e degli Enti Lirici: dal 1982 al 1986 è stato Sovrintendente dell'Ente Lirico Arena di Verona, dal 1986 Direttore del Festival Pucciniano di Torre del Lago, dal 1980 al 1990 Sovrintendente presso il Teatro San Carlo di Napoli. Lo ha intervistato in occasione della messa in scena de La fanciulla del West di Puccini, che andrà in scena il 12 e 26 luglio nell'ambito del Festival di Torre del Lago: ne cura la regia, i costumi, la scenografia e le luci.
Quando si deve mettere in scena un'opera come La Fanciulla del West, mentalmente come si comincia?
Studiandola come mi capitò la prima volta che la misi in scena: non avevo verso la Fanciulla un atteggiamento molto costruttivo, mi sembrava ingenuotta, con questa nostalgia incombente. Poi, invece, una volta che cominciai a studiarla, ne sono rimasto affascinato perché è un'opera bellissima e ogni volta metterla in scena per me è un rinnovare questo amore verso la Girl, come la chiamava Puccini.
Dopo anni dalla prima messa in scena ha riscoperto qualche aspetto che magari prima aveva sottovalutato o messo in secondo piano?
Forse l'apporto del coro: non l'ho mai messo in secondo piano, però mi sembrava meno importante e invece, insieme ai comprimari, il coro nel primo e soprattutto nel terzo atto diventa protagonista.
Curare allo stesso tempo regia, luci, scene e costumi semplifica o complica la vita di un regista?
La semplifica perché significa che la chiave di lettura è unica e quindi non ha bisogno il regista di far capire al suo scenografo che cosa intende che il pubblico veda subito come contenitore della propria regia, quindi semplifica molto almeno secondo me. È una visione globale, unificata.
Puccini compose l'opera a più riprese...
Puccini nel 1907 vede il dramma di Belasco. Nel '10 c'è la prima della Fanciulla al Metropolitan: passano tre anni perché lui ha avuto grandi problemi con i suoi due librettisti Civinini e Zangarini: era la prima volta che li incontrava, ha avuto degli scontri, si lamentava molto -c'è tutto il carteggio- con Ricordi, perché i due avevano paura di questa meticolosa costruzione che faceva Puccini, tant'è vero che con la Girl lui fa una meticolosissima descrizione della messa in scena, dei caratteri e arriva a descrivere i singoli costumi come un costumista. Straordinario.
È un'opera che gli appartiene in tutto insomma...
Assolutamente: più di ogni altra, sotto questo punto di vista. Da una parte risulta un vantaggio perché c'è poco da inventare, dall'altra c'è il pericolo - dato che i gusti son cambiati - di tradirla. Io spero di non tradire questa costruzione così meticolosa.
C'è qualcosa nella Fanciulla del West ama di più o di meno?
No, perché ci sono questi interventi del coro, il tema meraviglioso della nostalgia, c'è il tema del ballo; anche se non ha grandissime arie, è tutto l'insieme, è molto wagneriana come spirito, come cultura. Sì, ci sono le arie che poi ha inserito ma sono brevi, non sono arie lunghe: è l'insieme, questo continuo musicale che affascina.
Effettivamente dall'opera ci si aspetta una forma di arte totalizzante in tutti i suoi elementi...
Certo, l'opera è la forma di spettacolo visuale più complessa e completa.
Lei ha fatto una tesi di laurea su Wagner, ha diretto opere di Verdi e di Puccini: secondo la sua esperienza, quali sono le reazioni del pubblico italiano verso le loro opere?
Wagner lo sopporta, se posso dire così. C'è stato un breve periodo in Italia in cui la cultura amò Wagner, nei primi anni del Novecento. Si sopporta perché i suoi drammi musicali sono molto lunghi, richiedono una conoscenza dei miti cui attingono, è un'operazione complessa essere spettatore di una proposta wagneriana. Al contrario di quel che accade con Verdi e Puccini ancor di più, perché è la vera opera lirica italiana: al massimo della scala come melodramma dell'opera lirica italiana c'è Verdi, al massimo della scala della drammaturgia musicale c'è Wagner, al massimo dell'opera del Novecento c'è Puccini.
La cultura ufficiale che si occupa di finanziamenti sopporta o supporta l'opera?
I finanziamenti ai teatri lirici sono sempre andati diminuendo in questi ultimi decenni, però c'è sempre agio per mettere in scena le opere. Certo, Wagner richiede un'orchestra più grande, strumenti particolari e soprattutto allestimenti incredibilmente imponenti.
Lei si occupa di musica da una vita: nel corso degli anni sono cambiati l'atteggiamento e il gusto del pubblico nei confronti della musica e dell'opera?
C'è una corrente culturale che nasce in Germania e si propaga in Francia, Austria e un po' anche in Inghilterra, che vuole "l'attualizzazione" dell'opera lirica, ma questo è un errore enorme perché il dramma musicale che attinge dal mito lo puoi attualizzare perché il mito lo attualizzi con la cultura, con la quale tu vivi quel mito, ma l'opera no, l'opera è quella che è: una creatura fragile, una creatura anche ingenua dove i protagonisti nascono vivono e muoiono cantando, quindi è una cosa abbastanza sciocca, se vogliamo. Però c'è una verità superiore, quella della musica. Allora, l'opera ha intatti i suoi messaggi, ha intatti i suoi richiami al sentimento e alla ragione: il problema è darla bene. Se la si dà con verità, il pubblico la apprezza, altrimenti diventa un'operazione culturale e allora il pubblico ci sta perché ci deve stare, altrimenti apparirebbe come un dissennato ignorante, oppure a volte fischia. Giovanni Zambito.
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25 giugno 2019

Opera, intervista di GIOVANNI ZAMBITO a Luca Dall'Amico,è Sir Giorgio ne "I Puritani".

Opera Liegi, Luca Dall'Amico è Sir Giorgio ne "I Puritani". L'intervista
All'Opéra Royal de Wallonie-Liège è in scena fino al 28 giugno "I Puritani" di Vincenzo Bellini nella sua versione integrale. Una produzione ben riuscita grazie alla direzione musicale forte e leggera del Maestro Speranza Scappucci, alle scelte della regia di Vincent Boussard che ha reso il tutto dinamico - innanzitutto con la presenza muta (brava Sofia Pintzou) dell'alter ego ombroso di Elvira -, ai quattro ruoli chiave che necessitano voci chiare e potenti, nonché performance credibili: questo reso possibile da Lawrence Brownlee (Lord Arturo Tablot), Zuzana Marková (Elvira), un sempre più bravo Mario Cassi (Sir Riccardo Forth) e Luca Dall'Amico (Sir Giorgio), che abbiamo intervistato.
Ci parli del suo personaggio...
Giorgio, zio di Elvira e fratello di Valton, si trova in una realtà non sempre facile dove suo fratello, padre di Elvira, spesso assente e distaccato nei confronti della propria figlia, non assume il più delle volte le sue responsabilità. Ecco che Giorgio si vede costretto anche dall'amore che prova nei confronti di Elvira ad accudire e consolare, rassicurare la giovane figlia. Abbiamo lavorato molto nel ricercare questo legame tra Giorgio ed Elvira. Giorgio si trova inoltre nella situazione di intermediario tra Elvira e il resto del mondo che la circonda. Sempre attento ad ogni sua reazione. Lui stesso provoca reazioni nei confronti di Elvira per comprenderla, per studiarla e per dimostrare spesso anche al padre il vero stato della figlia, per dimostrargli di quanto amore Elvira necessiti.
Giorgio e Riccardo. Un'altra relazione per Giorgio molto molto importante nella storia. Riccardo è chiaramente infelice del fatto che non sposerà Elvira e che lei ama Arturo; Giorgio inoltre ha profondamente lavorato su suo fratello affinché egli conceda di far sposare Elvira ad Arturo resosi conto del grande amore tra i due giovani. Giorgio cerca sin dall'inizio una soluzione anche nei confronti di Riccardo affinché egli comprenda l'amore tra Elvira ed Arturo. Ci troviamo dunque di fronte a due rapporti totalmente diversi: Giorgio-Elvira e Giorgio-Riccardo. Un lavoro dunque volto a sostenere fortemente l'amore paterno tra Giorgio ed Elvira mentre tra Giorgio e Riccardo vediamo un continuo confronto che deve portare all'accettazione da parte di Riccardo dell'amore tra Elvira ed Arturo.
Un grande lavoro psicologico che vive sull'energia che possiamo trasmettere al pubblico. Energia che nasce e vive proprio con queste due importanti relazioni.
Lei gira il mondo grazie al suo lavoro: ha percepito da parte del pubblico una maniera di recepire l'opera comune ai diversi Paesi oppure in qualche teatro ha notato una reazione spiccatamente diversa?
Ma certo il pubblico è sempre diverso e questo è un aspetto davvero interessante ed accattivante del nostro lavoro e della nostra vita sulla scena. Ma comune è il grande amore verso l'opera.    Liège in particolare ha un pubblico molto attento e appassionato; nelle produzioni che avuto il piacere di affrontare au questo palcoscenico riscontro sempre grande affetto e calore. Ho trovato sempre grande calore in paesi come il Giappone dove organizzano molto spesso incontri veri e propri con il nostro pubblico alla fine delle rappresentazioni; incontri che possono durare anche un'ora o più. Voglio citare anche una recentissima esperienza a Santa Barbara in California dove al termine del Requiem di Verdi, il pubblico attende letteralmente estasiato diversi secondi prima di applaudire e di dimostrare una gioia davvero grande. Ma soprattutto cosa dire di alcuni grandi amanti dell'opera che troviamo spesso nel mondo e che ci seguono con sempre grande amore? È una soddisfazione ricevere propri cd e foto e soprattutto incontrarli, ascoltare le loro sensazioni sulla rappresentazione e ancor più sui diversi ruoli nei quali mi ascoltano tra i vari teatri; è davvero interessante ascoltare cosa loro pensano in rapporto ad un nuovo debutto piuttosto che allo stesso ruolo ma in diverse produzioni, teatri e paesi.
C'è un'aria che istintivamente Le viene da citare fra le tante che ha interpretato?
Credo di poter citare Don Giovanni, Serenata. La trovo straordinaria vocalmente e di grandissima emozione. Inoltre all'interno dell'opera è un momento davvero bello. Oggi posso aggiungere anche I Puritani, Cinta di Fiori. È davvero un incomparabile esempio di linea vocale, un'aria espressiva e molto impegnativa. La amo davvero molto.
Qual è stato il suo primo approccio all'opera? Racconti...
Il mio primo approccio all'opera risale all'epoca del conservatorio quando con la mia classe andammo alla Fenice di Venezia. Non è nato immediatamente l'amore per l'opera; ero un organista e un trombonista. Ma soprattutto in quanto organista (all'epoca avevo 16 anni), l'opera era qualcosa di lontano. Ma poi non molto tempo dopo quest'esperienza il mio maestro di canto corale mi prelevò letteralmente e mi presentò all'insegnante di canto lirico; dunque cominciò la mia esperienza con l'opera e il canto. Esperienza che terminò immediatamente proprio per l'amore che provavo nei confronti dell'organo. L'opera arrivò chiaramente immediatamente dopo il mio diploma d'organo ed è diventata presto la mia vita.
E la sua prima esibizione? come andò?
La mia primissima esibizione sulla scena fu all'Arena di Verona in Carmen nel 2003 dove Escamillo era Samuel Ramey. Devo dire che l'emozione era enorme e indescrivibile. Studiavo canto solo da un anno.
Come spiegherebbe l'opera a un adolescente di oggi?
In realtà credo che la migliore spiegazione dell'opera sia il viverla direttamente nel teatro. È l'esperienza che arriva prima di tutto. L'impegno è di coltivare l'amore verso questo mondo "fantastico", l'amore verso i colori, le melodie, i profumi dell'opera e del teatro. Credo fortemente che ogni adolescente possa avere opere più o meno amate come ognuno di noi. Sono certo inoltre che proporre l'opera e il teatro ai più piccoli sia davvero la chiave per avere un pubblico davvero attento ed appassionato nel nostro futuro.
Ci dà qualche anticipazione della sua agenda per la prossima stagione?
Sì, prevedo diverse produzioni per i prossimi anni e in particolare posso già citare un titolo che adoro e che ho già cantato all'opera di Firenze e cioè Cenerentola nel ruolo di Don Magnifico. Questa produzione avrà luogo in Italia a Catania e il ruolo è assolutamente tra quelli che adoro. Posso anche già dire che Liège mi vedrà in cartellone per due titoli Madama Butterfly e Alzira. Giovanni Zambito.
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