"Fino alla fine" è forse il titolo più adeguato per esprimere la personalità del pugile sinti Johann Trollmann, che ha combattuto sul ring durante il nazismo contro il nazismo.
Perché scegliere questa storia? Perché non si parla più di eroi. Ci sono supereroi, eroi finti. Come se la realtà non desse eroi veri. Ero curioso di sapere meglio la storia di Johann, spinto da Dario Fo, ed incuriosito da un mondo diverso rispetto a quello intellettuale in cui viviamo noi artisti, più ancestrale ed istintivo, ovvero quello della boxe.
Da scrittore, qual è stato il modo di approcciare alla materia? Ho praticato un anno e mezzo di boxe e sto continuando a seguire dei professionisti per capirli. Da scrittore non puoi parlare di qualcosa che non conosci e che non hai provato nella vita.
Oggi ci sono troppi artefatti, gente che parla di ciò che non sa. Per questo le narrazioni spesso sono poco concrete ed efficaci, perché manca la conoscenza di ciò che si fa. E la conoscenza richiede tempo, dedizione: tanto, insomma. Se conosci bene un argomento, come diceva Italo Calvino, lo puoi dipingere in maniera eccelsa in un momento.
Per questo ho fatto anche diverse ricerche storiche, a cui ero abituato dai tempi universitari, leggendo molti libri (dal citato Razza di zingaro di Dario Fo al lavoro di Mauro Garofalo, per dirne qualcuno). E,invece, com'è interpretare la stessa narrazione da attore? Da attore ho provato a capire la condizione fisica di un pugile, come si entra appunto in un mondo istintivo. Se non lo fai quotidianamente, è difficile da spiegare.
Come scrittore ho coltivato la semplicità per permettere poi agli attori di coltivare la propria personalità. Lo stesso testo può risultare equilibrato se gli attori ed il regista aggiungono la loro creatività, ma non rende le stesse emozioni e riflessioni se chi lo mette in scena non ha la cultura necessaria per soddisfare quella semplicità. Infatti vorrei cercare di comunicare il più possibile ad una società come quella di oggi, che ha indebolito il proprio linguaggio.
Che tipo di caratterizzazione hanno Trollmann, piuttosto che gli altri personaggi od elementi dello spettacolo? All'inizio della narrazione, gli ho donato dei tratti della mia personalità, rendendolo fanfarone e giocherellone.Quando gli eventi drammatici incalzano, ho deciso di dargli una profondità diversa ma diretta. Lo stesso ho provato a fare con gli altri personaggi, ogni dettaglio- come le musiche è stato molto pensato.
E questo perché si vive una volta sola, perciò ci si dovrebbe dedicare ad un progetto come se fosse un figlio. Non come se fosse un prodotto, che è una cosa pessima. E non dico questo per elevare troppo il teatro, che è molto pratico. Affinché una narrazione sopravviva negli anni, però, ci vuole cura. Non bisogna pensare solo alla vendita, solo così quel racconto potrà essere utile a tutti.
Antonio Moscatiello