Boom dell'export italiano di latte alimentare verso la Cina (+47,8%) e la Corea del Sud (+88,9%)
La via del latte: ondata positiva di consumi in Oriente, calo in Occidente
L'Asia traina la crescita rappresentando il 30% della produzione mondiale. Solo in Cina il valore economico delle esportazioni italiane di latte è aumentato del 35%. In Occidente pesano la diffusione dei movimenti anti-milk e la difficile competizione con le bevande vegetali
Aumento del potere di acquisto e occidentalizzazione degli stili di vita della classe media locale tra le ragioni principali della crescita dei consumi del latte in Oriente. A incidere, invece, sulla flessione dell'Occidente sono diversi fattori quali, per esempio, la maggiore richiesta di diete che prevedono un basso consumo di grassi e la percezione in aumento delle intolleranze al lattosio. Questo tra i dati più significativi che verranno presentati il prossimo 31 maggio a Cremona, nel corso di un'iniziativa promossa dal Comitato italiano della Federazione Internazionale del Latte – FIL/IDF, con il supporto della Fondazione Invernizzi e la collaborazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, in vista della Giornata Mondiale del Latte.
"La produzione e i consumi del latte dividono il mondo in due; – dichiara il Dott. Luciano Negri, Presidente del Comitato FIL-IDF Italia – l'Asia occupa la prima posizione nel panorama internazionale rappresentando il 30% della produzione globale, seguita dai Paesi dell'Unione europea (28%), il Nord e Centro America (18%) e infine Sud America, Africa e Oceania[1]. A guidare l'ondata positiva dei consumi in Oriente per il settore lattiero-caseario è la Cina, la cui importazione dall'Italia del latte alimentare dal 2017 al 2018 è aumentata del 47,8%, per un valore economico pari al 35% in più, rispetto all'anno precedente[2]".
"Secondo la FAO, più di 750 milioni di persone nel mondo sono impiegate nella produzione del latte, – dichiara Lorenzo Morelli, Professore ordinario di Biologia dei Microrganismi e Direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza-Cremona – che nel 2018 ha raggiunto 843 milioni di tonnellate, crescendo del 2,2% rispetto al 2017".
Il settore lattiero-caseario in Italia
Oltre alla già citata Cina, è tutta l'Asia che sta crescendo. Anche la Corea del Sud, per esempio, fa registrare un'impennata dell'esportazioni italiane di latte alimentare con una crescita nel 2018 di +88,9%. Export che rappresenta uno dei punti fermi per il settore lattiero-caseario del Belpaese, con un valore economico di 3,1 miliardi di euro, il 3% in più rispetto al 2017, e oltre il 40% della produzione italiana destinata ai mercati mondiali. Le esportazioni di formaggi da sole, nel 2018, hanno superato le 418.000 tonnellate, per 2,7 miliardi di euro.
Il settore lattiero-caseario occupa il primo posto nell'agroalimentare con 15,9 miliardi di euro di fatturato, di cui 3 miliardi provenienti da mercati internazionali. Il trend del 2018, però, è negativo e registra una flessione del volume del 3,8%. Negli ultimi cinque anni la curva degli acquisti domestici di latte ha subito un'incrinatura, causando una riduzione di circa 250 mila tonnellate, riduzione comune a molti mercati europei riconducibile a diversi fattori, tra cui le fake news e i dibattiti anti-milk. Nonostante questa flessione l'Italia si conferma il più importante produttore mondiale di formaggi DOP e IGP, con una produzione superiore alle 530 mila tonnellate, più del doppio di quella francese2.
I movimenti anti-milk
Uno dei motivi che maggiormente influisce sulla riduzione dei consumi di latte, in Italia e nel resto dell'Occidente, è la polemica nata dal dibattito anti-milk, causa di una demonizzazione dei prodotti lattieri, che ha inciso sull'opinione pubblica dal punto di vista nutrizionale, etico e sociale. Nord-America, Europa, Oceania, Giappone e Sud Africa sono i paesi più coinvolti in questo dibattito, mentre paesi come India, Cina, Cile e Argentina non risentono di queste tensioni.
"Le cause principali che guidano la polemica anti-milk sono varie – conclude il Dott. Luciano Negri – e riguardano per il 60% le questioni legate alla salute e alla nutrizione, il benessere la salute animale e l'uso di antibiotici ed ormoni per il 17%, convinzioni sulla non idoneità del latte per il consumo umano per l'11% e la sostenibilità ambientale per l'8%1. Senza contare che l'abbandono del latte in Occidente è anche causato dai cambiamenti alimentari, come l'abbandono della colazione o il maggiore consumo di prodotti a base vegetale che si propongono come alternative al latte".
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