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2 maggio 2019

MEMÈ PERLINI "Pirandello chi?" in mostra al Teatro Valle _ 2/5 maggio


Luigi Pirandello in mostra al Teatro Valle con Sei personaggi in cerca d’autore
Dal 2 al 5 maggio in esposizione il terzo allestimento della mostra MANICOMIO! MANICOMIO!
dedicato al Pirandello chi? del 1973 di Memè Perlini, uno degli spettacoli manifesto della neoavanguardia romana che esplose nel panorama teatrale degli anni Settanta. Un dramma grottesco e tenebroso da cui emergevano il disagio profondo, l’incertezza assoluta, l’ombra della follia scaturite da una «infelicità personale e collettiva» e da un «senso di crisi profonda umana e sociale». Una danza macabra di fantasmi che, come in una “stanza della tortura”, si tormentano a vicenda.
MEMè PERLINI
Pirandello chi?
La mostra è realizzata dal Teatro di Roma
in collaborazione con Biblioteca Museo Teatrale Siae, Centro Teatrale Santa Cristina, Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo (Università di Roma Sapienza), Studio di Luigi Pirandello-Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo, Istituto per i Beni Sonori e Audiovisivi, Marche Teatro, Museo Biblioteca dell’Attore di Genova, Ormete, Rai Teche, Sartoria Farani, e con la collaborazione di Margherita Dellantonio, Paolo Ferrari, Ernani Paterra, Paolo Petroni,  Viviana Raciti, Luchino Masetti si ringraziano Cecilia Carponi, Alessandro Genesi, Donatella Orecchia, Nuccio Siano gli allievi della Scuola del Teatro di Roma Alessandro Burzotta, Emanuela Cappello, Francesca Fedeli
Il 2 maggio l’allestimento è introdotto da un ricordo su Memè Perlini e sugli anni delle cantine romane.
Segue la proiezione di un filmato d’epoca dello spettacolo del 1973

Dal 2 al 5 maggio al Teatro Valle inaugura la terza sessione espositiva della mostra MANICOMIO! MANICOMIO! SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE DI LUIGI PIRANDELLO, dedicata allo spettacolo di Memè Perlini Pirandello chi?, dramma inquieto, cupo e grottesco del 1973 che rileggeva in chiave immaginifica i Sei personaggi in cerca d’autore, con quel linguaggio dirompente e sperimentale che ne fece un manifesto per il teatro neoavanguardistico delle cantine romane negli anni Settanta. Nel gennaio 1973 debuttava Pirandello chi? in un antro sotterraneo di Piazza della Libertà a Roma conosciuto come Beat 72. Un omaggio a Pirandello in cui le persone-personaggi vagano in una scena cosparsa di sabbia, e si incontrano e scontrano spesso nella quasi oscurità con improvvisi fasci di luce rivelatori. Una sorta di danza macabra di fantasmi, aperta dalla battuta «Lei sa bene che la vita è piena d’infinte assurdità» del padre nei Sei personaggi in cerca d’autore, cui Perlini si era ispirato nella creazione dello spettacolo, prendendo a prestito altre poche, sparse battute dal Così è (se vi pare). Il palcoscenico è un cupo e inquietante tribunale, in cui accusati e accusatori si tormentano a vicenda, come in una “stanza della tortura”, quella di cui poi parlerà, a proposito di Pirandello, Giovanni Macchia. Quasi totale il rifiuto della comunicazione verbale, cui Perlini sostituì la pura immaginazione, la visione onirica, fino a superare la contrapposizione pirandelliana realtà/finzione: ad andare in scena non era il tradizionale sofista e ragionatore pirandelliano, si cercava invece di andare oltre e dietro le parole per farne emergere il disagio profondo, l’incertezza assoluta, l’ombra della follia. Per il regista in quel testo, «oltre a un certo modo di vedere e agire sulla scena che ci si sentiva addosso in quegli anni, c’era una certa infelicità personale e collettiva, un senso di crisi profonda umana e sociale, di cui non riuscivo più a liberarmi». 


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