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9 novembre 2017

FERMENTI CULTURALI: L'ESSERE PARADOSSO


Dopo L'Essere Precario di giovedì 26 ottobre arriva il secondo appuntamento della Rassegna Teatrale Periodica FERMENTI CULTURALI dal titolo L'Essere Paradosso, in scena venerdì 17 novembre 2017, alle ore 21.00, alla Domus Romana, in Via Quattro Fontane 113, Roma.

Questa edizione comprende le performances: "Conversazione con l'Ubriaco" e "Conversazione con l'Uomo che prega" di Alberto Macchi da Franz Kafka, "Dialogo tra Gola e Laringe" e "Etichette Amorose" di Giammarco Spineo, "Vino" di Edoardo Terzo.
Interpreti sono Samuele Cestola, Sara Sartini, Edoardo Terzo, Alessandro Marianetti.

I fermenti sono un processo attivo di trasformazione.

Alla Domus Romana l'intento è quello di stimolarsi in un processo di trasformazione individuale e quindi di attivare i Fermenti Culturali.
In scena ognuno esprime la propria vena artistica, sviluppandone una singolare versione, dove le differenze diventano risorse creative. 
Autori, attori, musicisti e poeti potranno confrontarsi e relazionarsi con una certa frequenza, sintonizzati su frequenze comuni, a seconda dei temi e degli argomenti prestabiliti: l'essere precario, l'essere paradosso, l'essere favoloso, l'essere folle…
Gli strumenti per ora sono testo, attorialità e musica. Ma in futuro non è esclusa alcuna forma di apertura verso altri contesti creativi.
Nei fermenti culturali lo scopo è quello di coltivare e curare relazioni e non solo rapporti fra artisti. 

NOTE

Simile ad una retta nello spazio, "Conversazione con l'Ubriaco" e "Conversazione con l'Uomo che prega" di Franz Kafka, non hanno principio e non hanno fine. Come altre opere dello scrittore praghese quali, ad esempio, "Il Castello", "Lettera al Padre" o "Il Processo" - a mio giudizio, composte per essere adattate al teatro e quindi per essere rappresentate - questi due racconti si rivolgono all'infinito, senza concedere al pubblico di riposarsi un attimo dalla sua fatica di spettatore, di avere la possibilità di ritrovarsi nel consenso o nel dissenso. Qui Kafka, infatti, ignora lo svolgimento dell'azione, che coglie appena ad un certo momento e che, ad un certo momento, interrompe - come volesse stravolgere i postulati che caratterizzano la letteratura in genere e quella teatrale in particolare - pur attenendosi, in qualche modo, alle regole della composizione drammatica. In questi scritti, comunque, si ripropone la coscienza inquieta kafkiana,  tra paradosso e umorismo, quel senso tragico dell'avventura esistenziale: l'Uomo prigioniero di se stesso e del mondo.

Alberto Macchi