Dal 29 gennaio al 3 febbraio al Teatro Torlonia
Federico Tiezzi porta in scena la tragedia moderna de La signorina Else, novella di Arthur Schnitzler
del 1924. Con questo spettacolo il regista prosegue il suo lavoro di ricerca sul drammaturgo austriaco, riflettendo sulla figura
di una giovane ragazza inquieta e altera, su cui incombe una catastrofe familiare. Uno strepitoso, vibrante monologo interiore
dove si rincorrono le fantasticherie, l’orgoglio, le paure, le allucinazioni di Else. L’analisi profonda di una società corrotta a partire dal nucleo familiare.
LA SIGNORINA ELSE
di Arthur Schnitzler
di Arthur Schnitzler
versione Sandro Lombardi
regia Federico Tiezzi
drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzicon Lucrezia Guidone e Martino D’Amico
Produzione Compagnia Lombardi – Tiezzi
Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatralecon il sostegno di Regione Toscana e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzicon Lucrezia Guidone e Martino D’Amico
Produzione Compagnia Lombardi – Tiezzi
Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatralecon il sostegno di Regione Toscana e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Mercoledì 30 gennaio (ore 17) A colloquio con la Signorina Else incontro con la compagnia in dialogo
con Sonia Bellavia, docente di Teatro e spettacolo moderno e contemporaneo presso Università La Sapienza
e con Antonella Gargano, docente di Letteratura tedesca presso Università La Sapienza
Dal 29 gennaio al 3 febbraio al Teatro Torlonia per la regia di Federico Tiezzi in scena LA SIGNORINA ELSE, celebre testo del drammaturgo austriaco nel cui lavoro Freud stesso ravvisava il corrispettivo “letterario” della sua psicoanalisi, Arthur Schnitzler. Dopo il successo riscosso con Il ritorno di Casanova, prosegue con questo spettacolo il lavoro di ricerca di Tiezzi sull’autore austriaco e sulla Vienna della fine del XIX secolo, attraverso un testo straordinariamente lucido e vibrante sulle corruzioni della società moderna. Risalente al 1924, LA SIGNORINA ELSE è una novella incentrata sullo scorrere tumultuante dei pensieri che si affollano e scontrano nella mente della giovane Else, ragazza inquieta e altera ‘altera’, adolescente appassionata alle prese con i primi turbamenti sessuali, con le prime fantasie erotiche, su cui sta per abbattersi una catastrofe familiare. Else viene infatti messa in difficoltà dalla richiesta dei genitori che necessitano di una grossa somma di denaro. È la madre stessa che con cinismo, in una lettera dal tono patetico, invita la figlia a vendersi per salvare la famiglia dalla bancarotta. L’unico modo per ottenere il denaro è infatti chiederlo a un ricco conoscente che da tempo la corteggia e che si trova con lei in vacanza a San Martino di Castrozza. Arthur Schnitzler impiega in questo racconto la tecnica del monologo interiore, il flusso di coscienza, attraverso il quale i pensieri e le contraddizioni del personaggio, e della società in cui si muove, vengono alla luce con straordinaria potenza. Un testo di spietata radiografia di una società corrotta fin nel nucleo familiare: una vera e propria tragedia della coscienza moderna, sganciata dai valori della tradizione, attenta solo ai propri istinti e ai propri falsi valori, cinicamente pronta a sacrificare un’adolescente in nome del denaro e delle apparenze sociali. L’autore fonde in uno strepitoso, vibrante monologo interiore le fantasticherie, le paure, l’orgoglio di Else e le vere e proprie allucinazioni a cui la situazione, complicata dall’ingestione di una massiccia dose di sonniferi, spinge la fanciulla fino a portarla al suicidio. Federico Tiezzi opera una scelta registica che sposa l’intento dell’autore: come Schnitzler “viviseziona” il cuore di una giovane donna e la società che la circonda, così il regista “viviseziona” il corpo del testo e il corpo creativo dell’attore. Si viene così a determinare una dimensione teatrale “anatomica”, che vede lo spettacolo svolgersi in un piccolo “teatrino-obitorio”, il quale richiama e omaggia il secentesco Teatro Anatomico dell’Ospedale del Ceppo di Pistoia in cui il testo ha visto il suo debutto.
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