«Sono complicazioni rare e tutte
risolvibili» dicono i chirurghi plastici della Clinica Villa Bella, invitati a
partecipare ai congressi di Germania e Iran per risolvere i casi più difficili »
Può essere colpa di uno di quei fattori imprevedibili che in medicina non si
possono mai escludere del tutto, di un chirurgo poco esperto, di qualche
richiesta avventatamente accontentata o di qualche indicazione post operatoria
non rispettata dalla paziente. «La mastoplastica additiva, ossia l’aumento del
seno, è uno degli interventi più eseguiti in Italia e nel mondo: le
complicazioni sono molto rare e sempre risolvibili, ma è bene che le
pazienti siano informate di quello che potrebbe andare storto». Parola di
Chiara Botti, chirurgo plastico di Clinica Villa Bella a Salò (Brescia), che
recentemente è stata invitata al Congresso della Società tedesca di chirurgia
plastica che si è svolto a Berlino, a cui hanno partecipato oltre mille
specialisti, e a quello organizzato a Teheran dalla Società di chirurgia
estetica, proprio per rioperare pazienti che avevano avuto dei problemi con le
protesi al seno e per parlare delle problematiche più frequenti.
«Le complicazioni di un intervento sono difficili da gestire sia per
il medico, sia per il paziente – spiega Botti -. La seconda operazione
è sempre più complessa della prima, in quanto si tratta di intervenire per
risolvere una soluzione problematica, non sempre è facile riuscirci». Il
consiglio è scegliere con cura il medico a cui ci si rivolge già dalla
prima volta, senza lasciarsi lusingare da prezzi bassi o offerte low cost, ma
basandosi sull’esperienza dello specialista: «Se ci si rivolge a un medico poco
esperto non solo aumenta la possibilità di incorrere in una complicazione, ma
si rischia anche che non sia in grado di risolverla. E non tutti i medici
accettano di rioperare una paziente altrui» afferma.
In Italia le operazioni di chirurgia estetica secondarie, ossia eseguite
dopo che il primo intervento non è andato a buon fine, sono state il 13,6% del
totale (dati Aicpe): solo nel 36,5% dei casi il paziente ritorna dallo stesso
dottore, la maggioranza preferisce rivolgersi a un altro.
Nel caso di mastoplastica additiva le cause delle complicazioni sono
diverse: «Spesso i problemi derivano dal fatto che si impianta una protesi
troppo grande per il torace, di solito accontentando il desiderio
della paziente: soprattutto nei soggetti molto magri può succedere che la
protesi debordi e che, essendoci poco grasso di copertura, sia visibile il
contorno. Meglio preferire una protesi piccola per far sì che il risultato non
sia troppo “plastificato”. Un altro fattore che può incidere è il livello
in cui si mette la protesi: il punto migliore è dietro il muscolo
pettorale, dove la copertura è maggiore, anche se spesso il chirurgo preferisce
l’innesto davanti al muscolo in quanto, oltre a essere tecnicamente più
difficile, può causare un po’ più di dolore nei primi giorni successivi.
Tuttavia, considerando che può servire a evitare complicazioni e ad ottenere un
risultato migliore, ne vale la pena» aggiunge la dottoressa.
Le complicazioni più frequenti con la mastoplastica additiva sono
contrattura capsulare, spostamento della protesi, rotazione e rottura. «Un
elenco che, pur non essendo del tutto esaustivo, riassume le problematiche più
frequenti» dice Botti. La prima è la contrattura capsulare, ossia
l’indurimento del seno. «È quella più diffusa, con un’incidenza tra
l’1 e il 2%. Può capitare durante tutto l’arco di vita della protesi e le cause
sono diverse: dalle infezioni subcliniche (dovute a batteri presenti nella
mammella e nei dotti o a bronchiti o tonsilliti non curate con antibiotici),
alla contaminazione delle capsule con materiale estraneo. Si manifesta appunto
con l’indurimento del seno e si risolve rimuovendo la protesi e reinserendone
una nuova» dice il chirurgo plastico di Villa Bella.
Altra complicazione possibile è lo spostamento della protesi.
«La dislocazione della protesi può capitare nei primi due mesi dopo l’impianto.
Si verifica se la paziente esegue un movimento troppo energico con le braccia
oppure se fa molto esercizio nelle settimane immediatamente successive
all’intervento. Trascorsi due mesi il tessuto intorno alla protesi si
cicatrizza e la paziente può riprendere con regolarità la propria attività.
Anche in questo caso la soluzione è tornare in sala operatoria per
riposizionare la protesi nella giusta posizione» spiega la dottoressa Botti.
La terza cosa che può andare storta è la rotazione. «Capita
con le per protesi anatomiche che sono a forma di goccia e se si girano
cambiano anche la forma del seno. Può succedere quando si realizza una “tasca”
troppo larga per inserire la protesi; quando si passa da una protesi più grande
a una più piccola senza ridimensionare la tasca e nel caso in cui la paziente
esegue dei movimenti eccessivi con le braccia. La soluzione è rimettere la
protesi nella posizione originaria: a volte si può risolvere con un’apposita
manovra per girare la protesi, altrimenti si deve rioperare. Succede più
frequentemente nei primi due mesi dopo l’intervento ma può capitare anche
successivamente».
Infine, può succedere che la protesi si
rompa. «La rottura della protesi di solito è successiva a un trauma,
ad esempio un incidente d’auto. L’incidenza è bassissima, tanto che le aziende
forniscono gratuitamente una coppia di protesi per la sostituzione e, in alcuni
casi, rimborsano anche il costo dell’intervento per il reimpianto» afferma
Botti.