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22 febbraio 2022

Studio AB-BIOTICS: Covid-19, una formula probiotica riduce la durata dei sintomi e la carica virale, aumenta gli anticorpi e migliora il tasso di remissione nei pazienti lievi

 

Covid-19, una formula probiotica riduce la durata dei sintomi e la carica virale, aumenta gli anticorpi e migliora il tasso di remissione nei pazienti lievi. Lo studio di AB-BIOTICS pubblicato dalla rivista scientifica Gut Microbes mostra i benefici del composto probiotico AB21, che agisce sul sistema immunitario sfruttando le interazioni tra intestino e polmoni

 

<![>·         <!>Dopo la somministrazione della formula probiotica, il 53,1% dei pazienti nel gruppo probiotico ha raggiunto la remissione completa dal Covid-19 entro 30 giorni, contro il 28,1% del gruppo placebo. Registrato anche un aumento degli anticorpi IgM e IgG specifici per il SARSCoV2

<>·         <![>Lo studio getta nuova luce sull'importanza dell'asse intestino-polmone per il sistema immunitario e supporta l'ipotesi di un'azione antivirale di specifici ceppi probiotici.

<![i>·         <![]>Ad oggi non esiste un trattamento a base di probiotici approvato per il Covid-19. Se altri studi confermassero questi risultati, si potrebbero aprire nuovi scenari.

 

 

Un nuovo contributo alla lotta contro il Covid-19 potrebbe arrivare dai probiotici. È quanto emerge dallo studio realizzato da AB-BIOTICS, azienda biotecnologica spagnola parte della multinazionale giapponese Kaneka, e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Gut Microbes che riporta le più importanti novità sul microbiota. Secondo la ricerca, la formula AB21, costituita da 4 specifici ceppi probiotici, produce significativi effetti positivi nei pazienti ambulatoriali affetti da Covid-19, con benefici sul tasso di remissione, durata dei sintomi e carica virale. A renderli possibili è l'interconnessione tra microbiota intestinale e immunità polmonare del cosiddetto asse intestino-polmone (GLA): nel nostro organismo, infatti, i batteri della flora intestinale co-operano con i meccanismi immunitari per proteggerci dalle infezioni[1].

 

Lo studio mostra che la somministrazione di ceppi probiotici specifici può rinforzare questi meccanismi antivirali. Una scoperta importante, che potrebbe portare a nuove opzioni per il trattamento di pazienti che hanno contratto il Covid-19 con sintomi lievi e che lascia spazio ad ulteriori approfondimenti. Al momento, infatti, esistono solo alcuni studi osservazionali e retrospettivi, ma nessun'altro studio randomizzato e controllato con placebo[2],[3]Ad oggi non esiste quindi un trattamento a base di probiotici approvato o raccomandato per trattare o prevenire il Covid-19 ma, se altre ricerche confermassero questi dati, si potrebbero aprire nuovi scenari.

 

Per ottenere questi incoraggianti risultati, i ricercatori hanno coinvolto 293 pazienti tra i 18 e 60 anni con diagnosi di SARS-CoV-2 lieve, non ospedalizzati di cui 126 (42%) con noti fattori di rischio come diabete e/o ipertensione; 147 pazienti sono stati trattati con  AB21, 146 trattati con placebo.

 

AB21 è stato somministrato una volta al giorno per 30 giorni; la sua è una combinazione di 4 ceppi probiotici - composta da tre ceppi di Lactiplantibacillus plantarum (KABP022, KABP023 e KABP033) e uno di Pediococcus acidilactici (KABP021). Alla fine dei 30 giorni di osservazione, il 53,1% dei pazienti nel gruppo probiotico ha raggiunto la remissione completa (completa eliminazione dei sintomi e della carica virale), contro il 28,1% del gruppo placebo: una differenza statisticamente valida. In più, sono stati osservati effetti significativi anche nel ridurre la durata dei sintomi, la carica virale e gli infiltrati polmonari, con al contempo un aumento degli anticorpi IgM (Immunoglobine M) e IgG (Immunoglobine G), specifici per il SARSCoV2. Non sono state rilevate, invece, modifiche significative nel microbiota fecale, suggerendo che la formula probiotica abbia influenzato l'asse intestino-polmone principalmente stimolando il sistema immunitario dell'ospite piuttosto che alterando la composizione del microbiota del colon.

 

In altre parole, con la combinazione probiotica AB21, i sintomi da Covid-19 sembrano avere una durata più breve, la carica virale si riduce, gli anticorpi aumentano e gli effetti collaterali, che per lo più riguardano disturbi digestivi, sono marginali. Del resto, analisi dettagliate degli studi esistenti hanno suggerito che i probiotici orali possono avere un ruolo nelle infezioni respiratorie come il raffreddore e l'influenza[4],[5]. È importante ricordare che durante la realizzazione della ricerca, non si sono verificati aggravamenti da Covid-19 che hanno richiesto il ricovero o il ricovero in terapia intensiva o che hanno portato alla morte. Pertanto, non è stato possibile valutare direttamente l'utilità di questo probiotico nella prevenzione dell'aggravamento o del decesso causato dal Covid-19. Lo studio, inoltre, è stato condotto in un singolo centro, includendo solo pazienti di etnia ispanica di età compresa tra i 18 e i 60 anni: in futuro saranno necessari ulteriori approfondimenti sulle popolazioni di altre etnie e fasce di età. È necessario sottolineare, inoltre, che a causa dell'utilizzo di ceppi probiotici specifici, non è possibile attribuire gli effetti immunitari dei probiotici riportati nello studio ad altre formule[6],[7],[8]..

 

La formula AB21, con aggiunta di Vitamina D per contribuire al normale funzionamento del sistema immunitario, è contenuta in un integratore già messo in commercio in Italia, Francia, Spagna e Portogallo da Zambon, multinazionale farmaceutica impegnata nell'innovazione e nello sviluppo per migliorare la qualità della vita dei pazienti e la salute delle persone.

 

"I risultati positivi riportati da questo studio sono un importante passo avanti nel nostro continuo impegno a sostegno dei pazienti Covid-19 - commenta Pedro Gutiérrez-Castrellón, MD, MSc, DSc, Hospital General Dr. Manuel Gea González. Sec. Salud. México. Pochi studi fino ad oggi hanno evidenziato soluzioni efficaci per ridurre la durata dei sintomi e la carica virale nei pazienti ambulatoriali Covid-19. Un probiotico orale che aiuta non solo a ridurre la carica virale ma anche gli infiltrati polmonari e la durata dei sintomi, come il probiotico AB21 sperimentato in questo studio, potrebbe aiutare quindi a supportare i pazienti ambulatoriali in modo più semplice, affiancando le terapie standard riconosciute."

 

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO

 

COSA SONO I PROBIOTICI?

 

I probiotici sono definiti come "microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio per la salute dell'ospite", e questa definizione comporta la necessità di studi ben condotti sull'uomo nell'indicazione terapeutica indagata.

Studi recenti indicano una interazione tra il tratto gastrointestinale e il sistema respiratorio, insieme ai rispettivi microbiomi, si parla infatti di asse intestino-polmone (GLA, Gut Lung Axis). Analisi dettagliate degli studi disponibili hanno suggerito che i probiotici orali possono avere un ruolo nelle infezioni respiratorie come il raffreddore e l'influenza, ma sono anche state evidenziate limitazioni significative di questi studi, come l'eccessivo affidamento sui parametri di efficacia soggettivi, le piccole dimensioni dei campioni e l'eterogeneità tra i singoli studi.

Pur non essendoci al momento un trattamento a base di probiotici approvato o raccomandato a livello ufficiale per trattare o prevenire il Covid-19, lo studio di AB-BIOTICS è il primo a fornire indicazioni positive sull'utilizzo della formula AB21, costituita da 4 specifici ceppi probiotici: tre ceppi di Lactiplantibacillus plantarum (KABP022, KABP023 e KABP033) e uno di Pediococcus acidilactici (KABP021).

LA VITAMINA D

La Vitamina D aiuta a regolare la quantità di calcio e fosfato nel corpo. Questi nutrienti sono necessari per mantenere in salute ossa, denti e muscoli. Una carenza di Vitamina D può portare a deformità ossee come rachitismo nei bambini e dolore osseo causato da una condizione chiamata osteomalacia negli adulti.

La Vitamina D ha numerose e diverse funzioni nel sistema immunitario, incluse proprietà antimicrobiche e regolatorie. Il deficit di Vitamina D è associato a una maggiore prevalenza e a esiti peggiori di alcune infezioni, tra cui influenza, tubercolosi e malattie virali del tratto respiratorio superiore, nonché malattie autoimmuni, tra cui diabete di tipo 1, sclerosi multipla, artrite reumatoide e malattie infiammatorie intestinali. Esiste un'associazione epidemiologica abbastanza ben definita tra incidenza e gravità di Covid-19 e carenza/insufficienza di Vitamina D.

LO STUDIO DI AB-BIOTICS

Campione

I ricercatori hanno coinvolto 293 pazienti, di sola etnia ispanica, tra i 18 e 60 anni con diagnosi di SARS-CoV-2 lieve, non ospedalizzati di cui 126 (42%) con noti fattori di rischio metabolico per sviluppare Covid19 grave (BMI ≥ 30, diabete e/o ipertensione) e il tempo mediano dal primo sintomo all'inclusione nello studio era di 4 giorni; 147 pazienti sono stati trattati con AB21, 146 trattati con placebo. Tutti i pazienti erano sieropositivi per IgM specifiche per SARS-CoV2, con un'ulteriore conferma della diagnosi di Covid-19 tramite analisi del genoma virale (PCR). In generale, le caratteristiche dei pazienti all'inizio dello studio erano ben bilanciate tra il gruppo placebo e il gruppo di trattamento.

Principali risultati

Alla fine dei 30 giorni di osservazione, il 53,1% dei pazienti nel gruppo probiotico ha raggiunto la remissione completa (completa eliminazione dei sintomi e della carica virale), contro il 28,1% del gruppo placebo: una differenza statisticamente valida. In più, sono stati osservati effetti significativi anche nel ridurre la durata dei sintomi, la carica virale e gli infiltrati polmonari, con al contempo un aumento degli anticorpi IgM (Immunoglobine M) e IgG (Immunoglobine G), specifici per il SARSCoV2. Non sono state rilevate, invece, modifiche significative nel microbiota fecale, suggerendo che la formula probiotica abbia influenzato l'asse intestino-polmone principalmente attraverso il sistema immunitario dell'ospite piuttosto che alterando la composizione del microbiota del colon. È importante ricordare che durante la realizzazione della ricerca, non si sono verificati aggravamenti da Covid-19 che hanno richiesto il ricovero o il ricovero in terapia intensiva o che hanno portato alla morte. Pertanto, non è stato possibile valutare direttamente l'utilità di questo probiotico nella prevenzione dell'aggravamento o del decesso causato dal Covid-19.


L'ESPERTO

 

<!l]><![]>Lorenzo Morelli

Lorenzo Morelli è Professore ordinario e Direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari (DiSTAS) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

Probiotici e malattie respiratorie, l'evoluzione degli studi

"È da poco più di vent'anni che la comunità scientifica si interroga sugli effetti dei probiotici per la cura e la prevenzione delle malattie respiratorie. Si tratta di un filone nato quasi per caso in ambito pediatrico, in cui l'utilizzo di antibiotici è ridotto al minimo, e che ha evidenziato da subito alcuni risultati sorprendenti, come la significativa riduzione delle infezioni delle alte vie respiratorie nei bambini trattati con specifici probiotici. Da qui, complice anche la comparsa di infezioni batteriche sempre più resistenti agli antibiotici e che richiedono terapie diverse, la ricerca ha spostato il proprio focus verso altre fasce di popolazione, come gli anziani, riuscendo a mettere in luce l'effetto adiuvante dei probiotici per l'aumento degli anticorpi. Ciò dimostra ancora una volta l'interazione costante tra intestino e vie respiratorie, resa possibile dal sistema immunitario: l'intestino, costantemente esposto ai batteri esterni, è infatti il più grande organo immunitario del nostro corpo. In caso di pericolo, sfrutta la comunicazione tra la sua mucosa e quella delle vie respiratorie per allertarle permettendo al sistema immunitario di produrre gli anticorpi necessari. Un precesso che grazie al corretto uso di probiotici può contribuire a ridurre il rischio di contrarre malattie come il Covid-19."

 

Dal sequenziamento del DNA cromosomico alla ricerca sui pazienti: perché lo studio di AB-BIOTICS è pioniere in questo campo

"Ci sono due fattori che rendono lo studio di AB-BIOTICS pioniere e determinante per il futuro di questo filone scientifico. Il primo è che AB21 è tra le pochissime formule nate dopo un attento lavoro sequenziamento del DNA cromosomico. Grazie a questi rigorosi criteri scientifici i ricercatori hanno potuto scegliere i probiotici più appropriati creando una formula inusuale, composta da un mix di probiotici appartenenti anche allo stesso ceppo. Il secondo fattore è il numero di soggetti considerati. Solitamente le ricerche sui probiotici avvengono su poche decine di pazienti, mentre questa volta sono stati quasi 300, un numero ancora lontano dagli standard necessari per i test farmacologici, ma comunque considerevole in questo ambito. Il lavoro di sequenziamento del DNA, precedente all'osservazione dei pazienti, e il numero di soggetti fanno dello studio di AB-BIOTICS un benchmark per gli studi futuri."

 

Il futuro della ricerca scientifica sui probiotici e le applicazioni più diffuse

"Ora la ricerca scientifica dovrà focalizzarsi sui meccanismi d'azione, in particolare sull'effetto immunostimolante dei probiotici, soprattutto per quanto riguarda le infezioni batteriche, passate in secondo piano con l'esplosione del Covid-19. Ma non solo: la comunità scientifica sta progredendo spedita anche sul fronte delle altre applicazioni, su tutte quelli della dermatologia e quella sorprendente della regolazione dell'umore."



[1] Panwar, RB et al. Genes Immun 22, 255–267 (2021). https://doi.org/10.1038/s41435-021-00129-5

[2] Ceccarelli G et al. Front Nutr. 2021;7:613928. doi:10.3389/fnut.2020.613928

[3] Gutiérrez-Castrellón P. et al. Gut Microbes, 14:1, 2018899, DOI: 10.1080/19490976.2021.2018899

 

[4] King S et al. Br J Nutr. 2014;112:41–54. doi:10.1017/ S0007114514000075

[5] Hao Q et al. Cochrane Database Syst Rev. 2015;2015:CD006895. doi:10.1002/14651858. CD006895.pub3

[6] Paineau D et al., 2008 DOI:10.1111/j.1574-695X.2008.00413.x

[7] Hill, C. et al. Nat. Rev. Gastroenterol. Hepatol. 11, 506–514; doi:10.1038/nrgastro.2014.66

[8] Zhao W et al., 2021, Front. Immunol. 12:643420. doi: 10.3389/fimmu.2021.643420