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8 marzo 2019

Il baritono Scott Hendricks è il primo Frankenstein all’Opera: un’opportunità straordinaria. L'intervista di Giovanni Zambito


Il baritono Scott Hendricks è il primo Frankenstein all'Opera: un'opportunità straordinaria. L'intervista
Un evento, una prima mondiale: da venerdì 8 marzo alla Monnaie di Bruxelles è di scena "Frankenstein" di Mark Grey, con la direzione musicale del maestro Bassem Akiki e la regia di Àlex Ollé su libretto di Júlia Canosa I Serra. In anteprima abbiamo intervistato il baritono texano Scott Hendricks, che riveste il ruolo dello scienziato Victor Frankenstein.
Cantare in un'opera così particolare rappresenta per lei più una sfida o una semplificazione?
Direi una sfida, sia dal punto di vista vocale che emozionale. La parte è stata scritta per me: Mark Grey, il meraviglioso compositore di "Frankenstein" è, a dire il vero, un vecchio amico mio. Siamo amici da quindici anni, e questa è la seconda volta in cui collaboriamo e qui abbiamo lavorato insieme per creare Victor in base alla mia voce. Dunque, è davvero un piacere cantare in questa occasione.
Mark Grey conoscendola bene ha forse cambiato o adattato qualcosa del personaggio pensando a Lei?
Io penso che lui abbia consultato Álex Ollè e Júlia Canosa I Serra, autrice del libretto: lui conosce la mia voce,  penso che abbia tagliato il personaggio in base al mio temperamento, ma non credo che si sia molto concentrato su questo aspetto: però potrei sbagliarmi!
Il personaggio di Victor racchiude una serie di questioni filosofiche: il ruolo della scienza, la creazione, la mostruosità. La complessità di un tale personaggio l'aiuta nella sua interpretazione che deve restituire tale complessità al pubblico? 
Quando interpreti personaggi come Otello, Frankenstein o Macbeth tutti noi ne abbiamo una nostra idea: in questo caso, si tratta della concezione propria della produzione, della visione del regista. In questa produzione Álex io appaio nel momento stesso in cui appare mia moglie - è una ripresa delle memorie del mostro - e dunque io arrivo d'un tratto nel mezzo dei ricordi, non c'è una costruzione del personaggio che parte dall'inizio. Si capisce la delusione di Victor, la sua angoscia, il disgusto di quello che lui ha creato, è lui stesso un mostro insopportabile ma non vedi mai lo scienziato intelligente, brillante.
Prova più simpatia ed empatia verso Victor o la sua creatura?
La creatura, senza dubbio. 
La prospettiva di cantare in un'opera completamente nuova come questa l'affascina o piuttosto la intimorisce?
Al contrario, la preferisco. Ho partecipato a una dozzina di prime mondiali, e le ho amate più di ogni altra cosa perché tu crei qualcosa di nuovo, il pubblico non ha altri termini di paragone: nessun altro prima ha interpretato Frankenstein, esplori qualcosa di inedito, è un'opportunità straordinaria.
Nel suo curriculum ideale quali ruoli vorrebbe rivestire?
Mi è stato detto che interpreto molto bene i ruoli da cattivo. Quindi, il "cattivo" che amo di più è Iago, nell'Otello di Verdi, Macbeth, Sweeney Todd, il mio preferito è stato a lungo Rodrigo, Marchese di Posa, dal Don Carlo di Verdi, ma la mia ideale stagione è oscillare fra Scarpia e Iago e due prime mondiali. 
Possibile trovare qualcosa in comune fra lei e Victor?
(ride, ndr). Non penso. Victor è veramente concentrato, talmente tanto concentrato che con dei paraocchi punta sull'obiettivo e niente può distrarlo, né amici né moglie... Quindi, quando io lavoro, quando studio qualcosa, amo farlo: io posso capire la passione nel creare qualcosa, nello studiare e imparare, nell'acquisire conoscenze, e così via. Ma non ho il desiderio di creare una vita (ride, ndr), ma capisco gli sforzi e la concentrazione di Victor. 
Giovanni Zambito
Foto di Simon van Rompay

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