dì 17 dicembre (ore 19.30) al Teatro Torlonia
evento teatrale liberamente tratto dall’omonimo libro di SEVERINO CESARI
introducono la serata di ricordi e riflessioni sulla sua figura:
Emanuele Bevilacqua, Luca Briasco, Enrico Alleva, Rosella Postorino e Valeria Patera
CON MOLTA CURA
drammaturgia e regia Valeria Patera interpretato da Lorenzo Gioielli
voice off Galatea Ranzidisegno del suono Dario Arcidiacono - video grafica Valeria Spera
voice off Galatea Ranzidisegno del suono Dario Arcidiacono - video grafica Valeria Spera
Produzione TIMOS Teatro Eventi
Ingresso libero sino ad esaurimento posti disponibili
Lunedì 17 dicembre (ore 19.30) al Teatro Torlonia in scena CON MOLTA CURA, evento-spettacolo liberamente tratto dall’omonimo libro di Severino Cesari, fondatore di Einaudi Stile Libero e viaggiatore tra letteratura, poesia e politica, voce intensa che parla e si racconta giorno per giorno attraverso la sua malattia con la prepotenza del vivere ogni singolo momento e utilizzare le giuste “parole”. Nel mestiere e nella vita.
Introducono la serata Emanuele Bevilacqua (Presidente del Teatro di Roma), Luca Briasco (scrittore e traduttore per Einaudi), Enrico Alleva (etologo e scrittore), Rosella Postorino (scrittrice e autrice del libro Premio Campiello Le assaggiatrici) e Valeria Patera (autrice e regista dell’evento). Oltre ai ricordi dell’uomo Cesari, si approfondirà una riflessione sulla sua scrittura dentro lo spazio di Facebook, quel suo aver forzato poeticamente i limiti del mezzo di comunicazione che solitamente impone altri standard di comunicazione; la serata si rivolge in particolare a quella comunità che si è raccolta, attraverso Facebook, intorno alla malattia di Severino e che con lui l’ha condivisa, creando un interessante fenomeno.
Lo spettacolo – scritto e diretto da Valeria Patera con Lorenzo Gioielli e la partecipazione in voce di Galatea Ranzi – è un racconto scenico che scava nel vasto corpo del libro di Cesari, lavora sottotraccia per riannodare il filo della narrazione sul tema portante ovvero “la cura”. Nel passaggio dalla pagina alla scena ne risulta un nastro narrativo continuo ed ellittico, un reticolo di parole ricamate in un disegno scenico da sentire e da vedere: l’attore darà la voce all’io narrante-autore e la voce femminile farà brillare la poesia dei dialoghi immaginari con gli alberi e con la moglie in ogni momento in cui la voce si sdoppia in parole, dal vivo e registrate, sole o sovrapposte. L’esperienza e il libro di Cesari sono stati il frutto di un miracoloso saper trasformare un momento di chiusura come l’avvicinarsi della fine in un momento di estrema apertura e condivisione e di avere aggregato attorno alle parole offerte quotidianamente una comunità virtuale. L’intimo della malattia, della sofferenza e delle gioie mai conosciute prima, attraversa e compone il corpo della parola che raggiunge altre parole e altri corpi per trascendere il dolore e conquistare la vita. La sua stanza si è aperta ad una comunità, quella di Facebook e ne ha creata intorno una tutta sua, ha portato una trasformazione del mezzo medesimo, attraverso la sua scrittura non conforme a brevità e banalità. La scrittura di Cesari ha capovolto il dogma di Mac Luhan, secondo il quale il medium è il messaggio. Il suo approccio ha forzato il confine del mezzo con la sua potenza e quel mezzo mediatico è diventato un altro luogo, con un’altra densità, intensità, ritmo. Ecco che quel luogo si fa “teatro della Cura”, un racconto scenico prodotto dall’intreccio di alcune parti del libro scelte e montate su una traccia ipertestuale. Il testo teatrale, apre e celebra il “teatro della Cura”, quello spazio dove ogni gesto si fa teatro dell’amore e possibile salvezza, dove il dolore assume senso e riluce di poesia: “Io non sono altro che la Cura che faccio”.
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