In occasione del festival, nella prima parte dell’opera, si mostrava una svastica levogira, con una disposizione a quarantacinque gradi su un suolo piastrellato in bianco e nero, circondata da quattro pareti di altezza media che delimitavano lo spazio e permettevano al pubblico di affacciarsi allo spettacolo della vita in cattività di un gruppo di topi comuni. La svastica fungeva da recipiente contenente latte di soia, un abbeveratoio a cui gli animali si recavano ad alimentarsi. Plasmata ad abbeveratoio per topi, la svastica, questa volta destrogira, è stata in seguito collocata dall’artista nel tempio di Karni Mata a Deshnoke nel Rajastán, tempio dedicato a una donna indù adorata come incarnazione della dea Durga, “l’invincibile”, “l’inaccessibile”, dove i topi sono venerati.
Ogni elemento de L’Abbeveratoio va oltre la sua rappresentazione e apre un dialogo con la storia, incrociando i significati di simboli che hanno subito una stratificazione di senso nelle varie epoche e culture: dalla simbologia della svastica, forma che dal Paleolitico sino all’epoca moderna ha avuto una connotazione ben augurale e che ha subito nella storia contemporanea un’inversione simbolica, al pavimento bianco e nero a scacchiera del Karni Mata e ricostruito a Dro dai topi al latte e al suo colore bianco, al piedistallo in marmo, presentato da Prometeogallery, che diventa base portante della scultura dapprima utilizzata come abbeveratoio.
L’Abbeveratoio è una mostra circolare con la quale l’artista invita il pubblico ad andare oltre i luoghi comuni e le semplificazioni.
La mostra è accompagnata da una pubblicazione con testo critico di Fernando Baena.
In occasione dell’inaugurazione della mostra si terrà un evento gastronomico dedicato alla cucina andina.