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6 aprile 2016

VECCHI TEMPI di H. Pinter - Quando a terra rimangono i cocci.


“...A volte ci si ricorda di cose anche se non sono mai avvenute. Io ricordo cose che magari non sono mai avvenute, ma proprio perché le ricordo diventano reali...” sembra essere questa frase la chiave di volta per penetrare i sensi e i significati di un testo tra i più criptici del grande commediografo inglese. Un testo difficile, che, nella lettura del regista Paolo Ricchi, diventa una commedia a tratti ironica e brillante, e a tratti drammatica, come la vita.

Kate  (Monica Carpanese) e Deeley (Andrea Mauri), ci introducono nelle contrastanti rievocazioni di quei vecchi tempi, di quei “20 anni fa”, da cui presto si materializza Anna, (Flavia Pinti), subito capace di rendere ancora più complicato il puzzle dei ricordi. Una sola serata per  rievocare eventi, cicatrici, rimpianti e leggerezze... ma forse non è una sola serata, e forse non sono poi così vecchi quei tempi.
Lo spettatore è spesso invitato ad usare il suo intuito per sbrogliare la matassa, perchè si arriva ad un punto in cui il piano realistico passa  in secondo piano e diventa interessante sapere leggere tra le righe. Ma non sempre.

Un giallo psicologico tra i più intriganti e misteriosi della tradizione inglese che sarà in scena  l'8 e il 9 aprile alle ore 21,00 e domenica 10 alle ore 18,00 al Teatro delle Emozioni, in via Tor Caldara 23, Roma. Per info e prenotazioni prenotazioni.vecchitempi@gmail.com o cell 340/0708096.
Teatro delle Emozioni 06 7823381

NOTE DI REGIA

La trama sembrerebbe in realtà semplice. Una coppia di coniugi quarantenni che vivono fuori città stanno per ricevere una visita. Trattasi di una donna che proviene dal passato di lei, le cui ultime tracce risalgono a venti anni prima. Le due donne non si vedono da allora, mentre lui, il marito, non  conosce affatto questa attesa visitatrice.
Ma una volta arrivata costei, niente collima e niente torna nei “ricordi” di venti anni prima.
E prende piede un nebuloso “giallo” psicologico.
La Londra di allora, effervescente, diventa un luogo metafisico, similmente abitato da persone e da fantasmi. Le “porte girevoli” della nostra vita sono state varcate anche nell'altro senso. Qualcuno lo ha fatto. E le mille possibilità in cui la realtà potrebbe manifestarsi si sono realizzate.
Fossero un viaggio esotico o una carriera artistica, una giornata uggiosa o un fattaccio al giardino pubblico. Nel sogno piuttosto che nell'immaginazione, nell'invenzione piuttosto che nel desiderio, nelle aspettative meglio che nei rimpianti, ma ci sono state.
E diventa poco importante il piano realistico, chi c'era e chi non c'era, la cronologia degli eventi.
All'interno di una relazione di coppia, qui forse assunta da Pinter a simboleggiare qualunque possibile tipo di relazione, “ricordare” e “immaginare” sono la stessa cosa. Il vaso è comunque rotto. E in terra restano i cocci.

VECCHI TEMPI è stato scritto intorno al 1970. La volutamente scarsa plausibilità della trama è, all'interno di un testo ancora oggi esemplare per l'originalità dello stile e la forza espressiva della narrazione, l'unico elemento datato, a mostrare un po' la corda e anche i segni del tempo. Il nostro spettacolo cerca di rispettare il testo nella sua incomprensibilità, ma al tempo stesso prova a risarcire quest'ultima con la ricerca di una recitazione leggera e brillante, che assecondi i dialoghi, in realtà costruiti da Pinter con navigata abilità ritmica e secondo i canoni della commedia, e renda più appetibili i monologhi, dove maggiormente si sente tutta la pressione del “teatro dell'assurdo” di novecentesca memoria. Un tipo di teatro a cui questa “piece” va assolutamente ascritta.