Il mondo non mi deve nulla
di MASSIMO CARLOTTO
con PAMELA VILLORESI e CLAUDIO CASADIO
Il cuore di Rimini pulsa tranquillo in attesa
dell'arrivo chiassoso dei turisti.
Adelmo, un ladro
stanco e sfortunato, nota una finestra aperta sulla facciata di una palazzina
ricca e discreta. La tentazione è irresistibile e conduce l’uomo a trovarsi
faccia a faccia con Lise, la stravagante padrona di casa, una croupier tedesca
in pensione.
Nessuno dei due
corrisponde al ruolo che dovrebbe ricoprire e, in una
spirale di equivoci, eccessi e ironia, si sviluppa un
rapporto strano, bizzarro ma allo stesso tempo complesso e intenso sul piano
dei sentimenti.
Adelmo cerca di arginare la precarietà che lo
sta allontanando da un’esistenza normale; Lise,
invece, è convinta di non avere più crediti da riscuotere dal mondo intero e
sogna che Rimini si stacchi dalla terra e vada alla deriva per l’eternità.
Due personaggi infinitamente lontani, nulla li
accomuna, eppure entrambi cercano il modo di essere
compresi e amati dall'altro.
Dopo Oscura immensità, Il mondo non mi deve nulla è la nuova pièce teatrale di Massimo
Carlotto, prodotta da Teatro e Società e Accademia Perduta/Romagna Teatri, interpretata da Pamela Villoresi
e Claudio Casadio, con la regia di Francesco Zecca.
Un testo intenso, una commedia ironica e amara
a ritmo di mambo; una riflessione sul senso che diamo
alle nostre vite, sul peso del caso e della nemesi, sulla libertà di scelta
delle nostre coscienze.
Note di
regia
Avete
mai sentito parlare dell'attrazione del vuoto? Si dice che sia inspiegabile,
perché tocca corde sopite che hanno a che fare con la coscienza, chiede
attenzione e sensibilità. Quando si parla di vuoto si parla di una forza centripeta,
di uno spazio leggero, impalpabile, di un peso netto argenteo. Bisogna
conoscere le regole della sua attrazione perché passare da vittima a carnefice
è facile, è un gioco di ruolo in cui si confonde la sottile linea di divisione.
E come si crea il vuoto? Come ci si svuota? Con la morte? In un certo senso sì.
La morte dell’ambizione, la fine di ciò che si chiede a se stessi, ci si svuota
degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si credevano importanti. Lo
fa Lise. Lo fa Adelmo. Uno strumento dell’altra, necessari e imprescindibili,
ma sideralmente distanti. Perché Lise non si permette un’alternativa. Lei che
per tutta la vita ha vissuto nel lusso, non si permette il lusso più
importante, ingabbiata nella convinzione che “solo i disperati vagano alla ricerca
dell'occasione giusta”.
E
in quello scalino appena prima del vuoto, quando il cuore pare fermarsi e il
respiro sospendersi, quando solo il coraggio può farti vedere cosa c’è oltre,
Lise decide di chiudere gli occhi per sempre. Per Adelmo, invece, quell'istante di apnea coincide con l’attimo precedente al vagito di una nuova vita. Pamela
Villoresi scava in un personaggio che la vita ha indurito facendolo vibrare
straordinariamente di una fragilità e ironia commoventi. Guardandola ci si
incanta nel suo continuo svelare di Lise la sensibilità, l’indulgenza e
l’amarezza amabilmente celate sotto un forte velo rosso di testardaggine,
inclemenza e durezza. Pamela porta in scena perfettamente le due facce di
Lise e la muove sul precipizio del vuoto come un ventriloquo fa con la sua
bambola: la guida, la copre, la svela, la zittisce ed infine la sacrifica.
Claudio
Casadio indaga con grande sensibilità un’anima intrappolata in una vita
disperata, regalandogli poesia e una purezza incantatrice, che rende il suo
personaggio struggente. Restituisce al personaggio di Adelmo tutta la sua
“veracità”, la forza ed il “non arrendersi” tipico di chi è attaccato alla vita
con i denti perché dalla vita ha avuto ancora troppo poco per mollare gli
ormeggi. L’Adelmo di Claudio è più vitale e popolano che mai e di un popolo
lavoratore e sacrificato porta in scena il riscatto con il buon senso che a
volte viene meno ai più acuti filosofi. L’Adelmo di Claudio è credibile,
concreto, meravigliosamente vivo, acuto e di una esuberanza necessaria per
lasciare spazio alla speranza di una rinascita. Massimo Carlotto con il suo
noir lascia la possibilità di muoversi in un testo pieno di molteplici opzioni.
Il suo testo non patteggia per nessuno, non salva nessuno è un testo senza vincitori
e senza vinti ma è anche un testo senza Dio che restituisce all'uomo la chance
di guidare
i suoi propri fili fino alla fine.
È dunque un testo ideale per un regista
che voglia dare una sua personalissima interpretazione. Di questa battaglia senza
vincitori né vinti, senza eroi, di questo testo in cui da un lato c’è chi
sceglie che il mondo non gli deve più nulla e dall'altro chi va a prendersi ciò
che ancora il mondo gli deve, io ho scelto di lasciarmi tentare dal vuoto come
fa Lise resistendogli come fa Adelmo. (Francesco
Zecca)