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8 ottobre 2014

PAOLO VI e PAPA FRANCESCO. UNA TEOLOGIA DEI GESTI COMUNE?

EDIZIONI LINDAU

Torino, 7 ottobre 2014

presentano

PAOLO VI
Un papa nella bufera

una biografia di 
Yves Chiron

«Non basta che il parroco suoni la campana e aspetti. Deve aspettare le sirene delle fabbriche, quei templi della tecnica dove nasce e vive il mondo moderno; che esca e si metta alla ricerca dei perduti e dei tormentati, degli smarriti e dei solitari». Paolo VI
 Paolo VI e papa Francesco: una teologia dei gesti comune?

In un pontificato orientato alla misericordia, alla mitezza e alla comunicazione, il 19 ottobre, alla conclusione del Sinodo sulla famiglia, papa Francesco ha scelto di beatificare proprio il papa che istituì il Sinodo dei vescovi, che si spogliò di ogni fasto pontificio, che rivoluzionò l'allora CEI, che avviò il dialogo ecumenico con il primo viaggio in Terra Santa e con l'abbraccio al Patriarca ortodosso di Costantinopoli.
«Tale beatificazione, nel contesto sinodale, costituisce un importante segno di collegialità» 
ed è il simbolo della volontà di papa Francesco di dare nuova dignità, e forse seguire, gli atti del Montini moderno, aperto e innovatore.
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            Sotto il pontificato di Paolo VI (1963-1978) la Chiesa cattolica fu attraversata da sconvolgimenti considerevoli, visse una sorta di rivoluzione. Se in alcuni ambiti (in particolare il celibato dei preti, l’elezione del Papa, la regolazione delle nascite, l’aborto), nonostante le insistenti richieste di riforma, il magistero mantenne una posizione tradizionalista, in altri (la liturgia, le relazioni con i non cattolici e i non cristiani, i rapporti con il mondo e la società) furono fatte e dette cose che vent’anni prima, sotto il pontificato di Pio XII, sarebbero state impossibili.
            Il Concilio Vaticano II, deciso e iniziato da Giovanni XXIII e concluso con Paolo VI, costituì il vettore essenziale di questa rivoluzione. Paolo VI è stato il Papa che portò a buon fine il Concilio, senza dirigerlo veramente, ma riuscendo, su certi punti, a imprimere il suo marchio e la sua autorità. E ha dovuto farlo in una «Chiesa scossa» (Église ébranlée), per riprendere l’espressione di Émile Poulat.
            È falsa l’immagine di una Chiesa cattolica che sarebbe entrata in crisi (crisi di identità, crisi di fede, crisi di vocazioni, rimessa in discussione delle strutture e delle discipline) in seguito al Concilio Vaticano II. La crisi cominciò a manifestarsi prima del Concilio che non fu in grado di contenerla nell’immediato. Per certi aspetti, il Concilio ha funto da rivelatore della crisi diffusa nella Chiesa e il modo in cui è stato applicato non ha fatto altro che amplificarla.
            All’indomani della morte di Paolo VI, facendo un primo bilancio del suo pontificato, Émile Poulat scriveva: «È morto senza aver dominato questa crisi dogmatica, disciplinare e spirituale, senza che i suoi appelli alla fraternità e alla pace abbiano potuto scongiurare la violenza dei conflitti fra i popoli».
            Gli ultimi anni del suo pontificato furono piuttosto cupi. In Italia era diffuso un gioco di parole: Paolo Sesto, Paolo mesto. Se da un lato i primi grandi viaggi, in particolare quello in Terra Santa nel 1964, avevano suscitato entusiasmi notevoli in tutto il mondo, le difficoltà che dovette affrontare incupirono il paesaggio e il personaggio. Un anno dopo la sua morte, il successore ricorderà il pontificato di Paolo VI come «un quotidiano martirio di sollecitudine e lavoro». Il grande monumento in memoria di Paolo VI, inaugurato nel 1984 a Brescia, città in cui il Papa aveva trascorso l’infanzia e la giovinezza, è l’immagine di questa valutazione. La statua, opera di Lello Scorzelli, rappresenta Paolo VI con la testa bassa, come schiacciato dal peso del suo ruolo, sostenuto unicamente dal grande crocifisso su cui si appoggia, a cui quasi si aggrappa.
            Eppure, queste immagini doloriste del pontificato non basterebbero a definirlo
Edizioni Lindau, Torino 2014 | in libreria dal 10 ottobre | pagg. 448 | euro 32,00
Titolo originale Paul VI. Le pape écartelé. | Traduzione dal francese di Valeria Fucci