«Credo che i miei rapitori mi controllassero già da tempo, perché
possedevano molte informazioni sia su di me che sui miei parrocchiani». Padre
Sergej, uno dei tre sacerdoti sequestrati in Ucraina tra luglio e agosto,
racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre i suoi dodici giorni di prigionia. Il
sacerdote greco-cattolico, appartenente all’esarcato arcivescovile di Donetsk,
è stato rapito a fine luglio mentre era alla guida della sua auto.
Più volte i sequestratori hanno minacciato di fucilare il sacerdote. «Mi
dicevano di pregare perché quelli sarebbero stati i miei ultimi momenti –
racconta – poi sparavano in aria». Padre Sergej non ha subito torture, ma è
stato privato dell’insulina necessaria a tenere sotto controllo il suo diabete.
«Con il passare dei giorni le mie condizioni peggioravano e li ho supplicati di
darmi le medicine, ma le mie suppliche non hanno avuto ascolto».
Dopo una settimana di prigionia, ai sequestratori si è unito un uomo
dallo spiccato accento moscovita - a differenza degli altri rapitori
chiaramente di Donetsk – che ha interrogato il sacerdote per quattro giorni
consecutivi. «L’uomo aveva moltissime informazioni sul mio conto e conosceva
perfino i nomi dei miei parrocchiani».
Nel dodicesimo giorno di sequestro padre Sergej è stato bendato e fatto
salire in una macchina. Era convinto che di lì a poco sarebbe stato ucciso, ma
dopo un breve tragitto i suoi rapitori lo hanno lasciato solo. Ha atteso un
paio di ore, per poi iniziare a guidare verso la salvezza.
Don Victor, sacerdote cattolico della diocesi di Charkiv-Zaporižžja, è
stato rapito in circostanze simili. «Alcuni uomini dell’esercito della Nuova
Russia mi hanno fermato ad un posto di blocco – racconta ad ACS – Dopo aver
visto i miei documenti, mi hanno chiesto di seguirli per un breve controllo, ma
sono stato liberato soltanto undici giorni dopo». Anche lui ha sopportato
numerosi interrogatori e più di una finta fucilazione. Inizialmente i
separatisti credevano che don Victor fosse una spia, perché proveniva
dall’Ucraina centrale. Nella piccola stanza in cui era prigioniero, meno di
dodici metri quadrati, si sono alternati oltre 50 ostaggi, ai quali il
sacerdote ha potuto fornire assistenza spirituale.
Il terzo sacerdote rapito, don Pavel, è polacco e operava in Kazakistan.
Si trovava in Ucraina per partecipare alla giornata di preghiera per la pace.
Roma, 10 settembre 2014
“Aiuto
alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel
1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica
organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa
laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel
2013 ha raccolto oltre 88,3 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con
Sedi Nazionali e ha realizzato 5.420 progetti in 140 nazioni.