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25 giugno 2019

Scioperare è un diritto, mantenere la propria famiglia è un dovere


Change.org
dal 9 maggio i lavoratori a Siracusa non possono più scioperare contro il rischio di licenziamento, perché il Prefetto della città ha emesso un'ordinanza che applica il decreto sicurezza, che vieta gli assembramenti. Ci sono uomini e donne che devono mantenere il loro lavoro e famiglie che contano su quegli stipendi, ma che purtroppo non possono più tutelare il loro diritto di manifestare. Massimiliano chiede la revoca dell'ordinanza.
Massimiliano Perna ha indirizzato questa petizione a Luigi Pizzi, Roberto Fico, Maria Elisabetta Alberti Casellati e ora ci sono 937 sostenitori.
Il Decreto Sicurezza ha reintrodotto o aggiunto norme liberticide nel nostro ordinamento giuridico.

Tra queste, ad esempio, il reato di blocco stradale, prima depenalizzato e ora "appesantito" da pene molto severe che vanno da 1 a 6 anni fino a 12 se attuato da più persone. Altra misura più restrittiva è quella che prevede dure sanzioni penali per chi, per disperazione, sceglie di occupare una fabbrica per difendere il proprio diritto al lavoro.
Il ministero dell'Interno ha così emanato delle direttive dal contenuto fortemente repressivo, avvalendosi territorialmente dei prefetti.
Il 9 maggio scorso il prefetto di Siracusa prendendo spunto da alcune iniziative di protesta di lavoratori a rischio licenziamento e dalle manifestazioni nei piazzali degli stabilimenti industriali da cui rischiano di essere espulsi, ha emesso una ordinanza che applica quanto disposto dal decreto sicurezza in materia di divieto di assembramento. In questo modo, il diritto di sciopero, tutelato dalla Costituzione, viene "confuso" con gli assembramenti non consentiti e puniti dalla nuova legge.
L'ordinanza fa riferimento a generiche condizioni di sicurezza degli impianti e della rete stradale circostante, e perfino a un possibile contrasto delle azioni di protesta con il diritto allo svolgimento dell'attività lavorativa degli altri lavoratori.
Le manifestazioni di protesta vengono inoltre considerate dall'ordinanza un elemento di criticità per l'ordine pubblico in relazione al volume di traffico per l'aumento dei flussi turistici: una preoccupazione discutibile e lontana dalla realtà, che mette in secondo piano i diritti dei lavoratori e delle loro famiglie, sacrificandoli davanti a presunti problemi di viabilità.
I postulati dell'ordinanza sfociano in un divieto totale di assembramento di persone e automezzi in tutti gli ingressi degli stabilimenti (Isab – Lukoil – Versalis – Syndial – rotatorie e arterie stradali confinanti) nei territori di Siracusa e Priolo. Sembra di essere in presenza di un provvedimento che trasforma riunioni o iniziative di sciopero e di protesta in adunate sediziose di antica memoria.
Un provvedimento del genere non è stato mai concepito neanche nei periodi di grave crisi industriale e occupazionale, quando si doveva fronteggiare situazioni di vera tensione sociale. La conclusione dell'ordinanza, dove si invita la polizia a rendere esecutivo quanto stabilito dal provvedimento, ha il suono tetro di epoche passate, quando in questa provincia manifestazioni di lavoratori, legittime e motivate, vennero represse con le armi e con il sangue di chi rivendicava solo i propri diritti.
La Cgil ha annunciato di ricorrere al Tar contro l'atto amministrativo della prefettura. Intanto però l'ordinanza è stata emessa e produce effetti negativi sulla libertà di sciopero e su diritti costituzionalmente garantiti, con un grave restringimento dello spazio democratico.
Per tale ragione, con questa petizione
CHIEDIAMO
  • al sig. Prefetto di Siracusa di annullare l'ordinanza in essere, ripristinando il libero svolgimento di manifestazioni di protesta, eliminando qualsiasi ostacolo all'esercizio al diritto allo sciopero sancito dalla Carta Costitiuzionale
  • ai parlamentari della Repubblica, di presentare proposte di modifica del decreto sicurezza e delle norme che restringono la libertà di manifestare per i propri diritti;
A Change.org crediamo nella voce delle persone come te. C'è qualcosa che vorresti cambiare?

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