«La decisione del presidente
americano Barack Obama di intervenire militarmente soltanto per difendere Erbil
è sconcertante». Così scrive il patriarca caldeo di Babilonia, Luis Raphael I
Sako, in un appello urgente inviato questa mattina ad Aiuto alla Chiesa che
Soffre. Il patriarca critica fortemente il mancato intervento Usa per liberare
Mosul e la Piana di Ninive dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, e la
scelta di Washington di non dare appoggio alle forze del governo al Maliki, a
meno che queste non si alleino con i peshmerga. «È davvero deprimente pensare
che questa drammatica situazione continuerà finché l’esercito iracheno non si
schiererà al fianco di quello curdo per combattere Isis».
Il prelato caldeo punta il dito
anche contro Bagdad. Il mese scorso il Parlamento non è riuscito a trovare un
accordo sul nome del nuovo premier ed ha rinviato la seduta al prossimo 12
agosto. «Mentre il paese è sotto attacco, i politici continuano a lottare per
la conquista del potere».
Dopo soli tre giorni il numero
dei rifugiati continua ad aumentare e le risorse a diminuire. Per questo, in
aggiunta al contributo straordinario di 100mila euro stanziato il 19 giugno
scorso, l’8 agosto Aiuto alla Chiesa che Soffre ha approvato una nuova
donazione di 100mila euro per sostenere l’impegno della Chiesa irachena a
sostegno dei rifugiati.
Ad Ankawa, sobborgo di Erbil a
maggioranza cristiana, i profughi cristiani sono almeno 70mila. «Le famiglie
che hanno trovato rifugio nelle chiese – si legge nella nota odierna del
patriarca – sono in buone condizioni rispetto a quanti sono stati costretti a
dormire per le strade». A Dahuk, capoluogo dell’omonimo governatorato del
Kurdistan iracheno, si sono rifugiati invece circa 60mila cristiani. Altri sono
fuggiti a Kirkuk e Sulaymaniyah, mentre qualche famiglia è giunta fino a
Bagdad. «La morte e le malattie s’impossessano di anziani e bambini. Mentre
cresce il bisogno di alloggi, cibo, acqua e medicine, la mancanza di un
coordinamento degli aiuti da parte della comunità internazionale rallenta
l’assistenza. La Chiesa offre tutto ciò di cui dispone».
Dai villaggi cristiani nei
dintorni di Mosul giungono tragiche notizie. «Le chiese sono deserte e
profanate, cinque vescovi hanno dovuto abbandonare le proprie diocesi e molti
sacerdoti e religiose sono stati costretti a lasciare le proprie missioni». La
violenza di Isis ha distrutto anche numerosi documenti e manoscritti alcuni
risalenti a 1500 anni fa. «Forse né la Piana di Ninive, né Mosul saranno
liberate. Manca una strategia capace di privare Isis delle proprie risorse. I
terroristi controllano i giacimenti petroliferi di Zumar, Ain Zalah e Batma,
così come quelli delle città siriane di Raqqa e Deir ez-Zor. Mentre altri
estremisti islamici giungono da tutto il mondo per unirsi ad Isis».
Per le famiglie di rifugiati
resta solo una drammatica scelta: restare o emigrare. «Ma partire per andare
dove? E con quali soldi?», si domanda il patriarca Sako. Chi rimane può invece
soltanto attendere la fine dell’estate, chiedendosi se i propri figli
riusciranno ad andare a scuola il prossimo anno ed interrogandosi sul destino
toccato ai propri averi e alle migliaia di persone fuggite dal proprio
villaggio.
«Queste domande devono causare
dolore e sofferenza alle coscienze di ogni persona. Affinché s’intervenga per
salvare un popolo che ha vissuto in questa terra sin dagli inizi della propria
storia».
“Aiuto
alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel
1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica
organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa
laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel
2013 ha raccolto oltre 88,3 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con
Sedi Nazionali e ha realizzato 5.420 progetti in 140 nazioni.