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27 ottobre 2023

Teatro del Popolo di Castelfiorentino: "Lo sapevamo anche noi" per la regia e la direzione artistica di Teresa Delogu

 

LO SAPEVAMO ANCHE NOI

Regia di Teresa Delogu

 Si è svolto al Teatro del Popolo di Castelfiorentino la commedia teatrale Lo sapevamo anche noi per la regia e la direzione artistica di Teresa Delogu.










 Lo spettacolo ha visto in scena ben 23 anime di ogni età e genere sull’ottocentesco e prezioso palco il più antico della Valdelsa e tra i più importanti della Toscana: sono gli allievi e allieve del corso di teatro promosso dallo stesso Teatro del Popolo a cura di Giallo Mare Minimal Teatro.

 Alessandra Campatelli, Alfredo Agili, Aurora Puggelli, Bianca Frangioni, Cinzia Campisano, Claudio Tinelli, Emiliano Terzuoli, Franca Gaggelli, Francesca Conforti, Giulia Conforti, Giulietta Brogi, Lapo Biagini, Lavinia Meo, Margherita Cacciapuoti, Martina Ciampolini, Martina Fabozzi, Orazio Aiello, Patrizia Salerno, Pippo Meo, Rita Biocca, Sibilla Campaioli, Susanna Tamburini, Virginia Tumminia

Gli allievi e allieve, guidati dalla sapiente mano della regista e formatrice teatrale M. Teresa Delogu, si son confrontati immergendosi con vera passione foga nella vicenda lunga, complessa, articolata, dell'emigrazione italiana.

 



LO SAPEVAMO ANCHE NOI …il colore dell’offesa e un abitare magro e magro che non diventa casa.  Lo sapevamo anche noi questo guardare muto e sapevamo la pazienza di chi non si può fermare e la santa carità del santo regalare..” a Noi pubblico Si apre e si chiuderà il sipario sulle note di Gianmaria Testa, note poetiche che suonano e ci cantano mentre nella trasparenza del pannello antistante il palco si dipanano le immagini di repertorio storico/documentale, sapientemente ricercate, che accompagnano le scene ed i performers in un susseguirsi di coreografie dai molteplici colori, musiche e copione a tratti anche ironico nelle pieghe interpretative degli attori, dal/la più giovane al/la più grande, i quali non ci privano degli aspetti di sdrammatizzazione legate agli accenti dialettali delle regioni che rappresentano il campione umano e la sua storia ultrasecolare che attraversò oceani e mari in cerca di fortuna. Sono i nostri avi, nonni e bisnonni, i racconti che forse anche noi abbiamo ascoltato al caldo di un focolare, probabilmente meno amaro e crudele dei nostri progenitori che da qualche parte in Europa e nelle Americhe ancora oggi ci imparenta più o meno ignari che ne siamo

Un fenomeno che ha avuto differenti fasi, ma che non è cessato mai lungo il corso della storia della nostra giovane nazione: dalla grande ondata di partenti subito dopo l'Unità d'Italia, all' odierno emigrare degli "Expat" odierni, giovani spesso qualificati e istruiti, ma che ugualmente trovano patria - in condizioni diverse- come i loro avi di fine ‘800. Un filo narrativo, che tocca i temi mai mutati del partire: la necessità economica, il razzismo subito, i nomignoli affibbiati. "Bel Paese, brutta gente", questo dicevano degli Italiani- nomèa che ci ha accompagnato a lungo. Siamo stati trafficanti di esseri umani, abbiamo fatto naufragio, non potevamo iscrivere i figli alle scuole dei bianchi. Lo sapevamo, appunto, cosa c'era dentro quella enorme massa - calcolata in circa 30 milioni di persone - che ha lasciato il Paese in poco più di 150 anni. Riflettere sulla nostra emigrazione, ora che il tema migranti è sotto la lente quotidiana, può essere uno spunto per inquadrare in un'ottica più consapevole un fenomeno complesso e che non si presta a facili e superficiali soluzioni.

Notevole e toccante la scena delle Balie: ‘le più fortunate a cui andava meglio’ - “andavamo a fare le balie, le serve dei ricchi borghesi americani; a le altre non restava che il bordello.. Non c’era mercato che noi italiani non rifornissimo. Nei porti di Genova, Napoli, Trieste, Messina, Brindisi partivano navi cariche di donne destinate ai bordelli del mondo”.

Ed infine ancora un momento suggestivo: ci regala la memoria dedicata ai nostri compatrioti Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti condannati a morte nonostante le prove che li scagionavano, uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario del Massachussetts, simbolo sacrificale per antonomasia del pregiudizio raziale verso gli immigrati, nonché italiani, di quel versante storico, la cui assoluzione deve attendere 50 anni esatti ad esserne riabilitata e rivendicata inconfutabilmente.

Il pubblico numeroso ha potuto fruire gratuitamente di questa magnifica pièce grazie alla Fondazione Teatro del Popolo, Fondazione Toscana Spettacolo, Comune di Castelfiorentino & Partners.


D. Zappavigna
26 Ottobre 2023